VASTO – In Italia il tasso di corruzione in politica è come quello di 17 anni fa, quando cominciò Tangentopoli. E non si faccia la riforma del processo breve, perché chi commette i reati rimarrà impunito. A dirlo a Vasto è uno dei protagonisti di Mani Pulite, l’inchiesta che scoperchiò il Vaso di Pandora del malaffare nel nostro Paese: Gherardo Colombo, ex magistrato a Milano e in Cassazione, uno dei protagonisti della stagione della lotta al sistema delle mazzette. Prima, in un’altra inchiesta finita nei libri di storia, aveva scoperto l’esistenza della loggia massonica P2. Parla nell’aula magna del Tribunale gremita all’inverosimile da centinaia di studenti. Ribadisce che in Italia “la giustizia funziona male o non funziona”, che non c’è la cultura della legalità. E allora, tanto vale dimettersi dalla magistratura, come ha fatto lui nel 2007, e insegnare ai ragazzi, perché bisogna “fare qualcosa a monte per il rispetto delle regole”. Momenti musicali toccanti e relazioni preparate dagli studenti delle scuole superiori di Vasto, poi l’intervento di Riccardo Noury di Amnesty International, che lo ha preceduto: questo il pomeriggio di Colombo nel Palazzo di giustizia di via Bachelet. Un pomeriggio iniziato con l’accoglienza riservatagli un’altro ex magistrato e referente locale di Amnesty, Grazia Giuliani, e dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vasto, Francesco Prete, altro magistrato che a Milano ha condotto inchieste importanti su Tangentopoli. Appena si è aperta la porta dell’ufficio del capo della Procura, subito è scattato un abbraccio tra i due. Poi, prima di tuffarsi nella folla del convegno organizzato da Amnesty, dall’Università delle Tre Età e dal Comune (tema: Regola, persone, felicità. La strada, il percorso, il cammino… Verso i diritti umani), le interviste in cui ha descritto la crisi del sistema giudiziario e della politica.
No al processo breve. “I processi – afferma Colombo – a un certo punto finiranno, però io mi chiedo: mettiamo che qualcuno dà un pugno ad una persona e le fa abbassare la vista al minimo. Non la perde, ma ci vede malissimo. Se il processo di primo grado non si conclude in sette anni a quella persona le si dice poi così: mi spiace, ci abbiamo messo troppo tempo, torni a casa calmo e tranquillo”.
Carceri sovraffollate. “Non si può costringere nessuno a vivere
in condizioni non dignitose e allora quello del sovraffollamento delle carceri diventa un problema. C’è in Italia la possibilità di ricorrere a misure alternative al carcere? Io credo che bisognerebbe depenalizzare tutto il possibile, senza con questo mettere a rischio la sicurezza dei cittadini. Penso, ad esempio, alla cosiddetta mediazione penale, sistema da noi applicato pochissimo”. In ogni caso, se le carceri scoppiano, “bisogna guardare al futuro per fare in modo che non si debba affrontare emergenze simili ogni 4 o 5 anni”.
Nel 1991, l’aula magna del Tribunale di Vasto ospitò il congresso nazionale dei magistrati. Partecipò anche Giovanni Falcone, uno dei giudici che hanno fatto la storia della lotta alla mafia. Falcone, nel ’92, fu assassinato dalla criminalità organizzata nell’attentato di Capaci, in cui persero la via anche sua moglie, Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta.
Michele D’Annunzio