ABRUZZO. L’Unione europea ha fornito un ’assist’ alla Polizia municipale italiana che, di recente, aveva chiesto di essere equiparata – in termini di tutele e di formazione – alle altre Forze operative sul territorio.
Già nelle prossime settimane la Commissione-petizioni del Parlamento europeo invierà una lettera alle Autorità della Penisola per chiedere di porre rimedio alla “discrepanza” di trattamento attualmente esistenti nel Paese, sottolineando persino l’opportunità di un maggiore coinvolgimento dei “Berretti bianchi” nella lotta al terrorismo, quanto meno a mero livello informativo, grazie alla conoscenza che hanno del territorio. Il testo sarà redatto dal Parlamento Ue per rispondere alle preoccupazioni espresse in due petizioni dal Csa, Dipartimento di polizia locale, un’organizzazione a cui aderiscono circa 60mila agenti, che ha denunciato “la discriminazione, sul piano organizzativo e remunerativo, esistente in Italia” fra le Forze dell’ordine statali e gli agenti dei Comuni, sottolineando “la necessità di coinvolgere” questi ultimi “nelle azioni volte a prevenire ed a combattere il terrorismo e la radicalizzazione“. Pur ammettendo che la materia è di competenza esclusivamente nazionale, la Commissione Ue, in un documento inviato all’Assemblea dell’Europarlamento, ha riconosciuto che le Forze di polizia locali possono svolgere “un ruolo fondamentale” nella condivisione delle informazioni e che potrebbero essere ‘partners’ importanti nella lotta alla radicalizzazione ed al terrorismo.
In Italia ci sono cinque forze di Polizia nazionali. Ciò vuol dire che, in ogni area che le ospita, ci sono cinque Centrali operative che fanno più o meno le stesse cose, costando quattrini a profusione. Utilizzano anche cinque numeri diversi per le emergenze. E questo all’Europa non va giù, avendo stabilito che il numero dev’essere uno. Lo Stivale era stato reso destinatario pure di una procedura d’infrazione (90mila euro al giorno), schivata solo attivando un servizio sperimentale. Di unificare le Centrali operative si parla da un trentennio; da oltre dieci si discute addirittura di unificare le forze di Polizia. C’è chi sostiene che, facendolo, si risparmierebbero quattro miliardi di euro. Ma, a tutt’oggi, l’unica organizzazione sparita è stata quella del Corpo forestale dello Stato, inglobato nei Carabinieri. Ancora più del generico contribuente chi ci rimette davvero sono gli oltre 110.000 militi dell’Arma che – secondo l’Ocse – vedono quotidianamente calpestati i più basilari diritti umani. Posti alle dipendenze del Ministero della difesa, essi sono militari, e quindi privi di forza sindacale. Ed anche questo alla Ue non piace, tant’è che ci sono due delibere che costringono i Paesi membri a trasferire i Corpi di Polizia, in tempo di pace, sotto il controllo del Ministero dell’interno. Sarebbe l’anticamera della sindacalizzazione, ed anche dell’unificazione. Anni addietro l’allora Ministro Maroni aveva promesso un adeguamento in tal senso. Poi il governo cadde, arrivarono i tecnici e la Cancellieri spense ogni entusiasmo (“Non siamo noi del governo tecnico a dovere fare questa importante modifica dell’assetto strutturale delle ‘polizie’”). In effetti, si trattava di una riforma importante che doveva essere supportata da un forte mandato politico- elettorale, che solo un ministro nominato a seguito di elezioni poteva fare. Ma, quando fu nominato Angelino Alfano, della questione non si parlò più. Forse anche perchè il tema non l’aveva mai entusiasmato.
Nel 2009 Maroni mandò in missione, ‘top secret’, qualche uomo per capire come avevano fatto i Francesi a mettere assieme Polizia e Gendarmeria. Della verifica si occupò l’on. Roberto Mazzoni che affossò definitivamente l’idea di conglobamenti. Al resto penso l’ex-Ministro La Russa che si adoperò in direzione della mancata sindacalizzazione dei Carabinieri.
Claudio de Luca