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domenica 13 Luglio 2025
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Scerni celebra don Matteo Gattafoni: “Un dono alla nostra comunità”

SCERNI. Ieri, 27 giugno, Matteo Gattafoni è stato ordinato sacerdote presso la cattedrale di San Giustino a Chieti. La celebrazione è stata presieduta da Monsignor Bruno Forte. Don Matteo è originario di Scerni e ieri a prendere parte alla cerimonia religiosa anche il sindaco Alfonso Ottaviano:

“Ordinazione di Matteo Gattafoni, un dono alla comunità Scernese che con orgoglio ha vissuto questo giorno unico. A Don Matteo i nostri migliori auguri con la speranza che, in un momento in cui ogni occasione è buona per dividere la comunità, la sua ordinazione sacerdotale possa riunire tutti i cittadini nel suo cammino di fede!!!”

E’ questo il messaggio che il primo cittadino e l’amministrazione comunale di Scerni lasciano giungere attraverso i social al giovane Don Matteo che dal 19 agosto diventerà parroco della comunità di Fara San Martino. Insieme a lui ieri anche Emilio Cacciagrano è stato ordinato sacerdote. A seguire il testo dell’omelia di Bruno Forte.

La Parola di Dio che è stata proclamata offre a tutti noi, ed in particolare ai nostri Ordinandi, un triplice messaggio: essere uomini dell’ascolto e dell’annuncio della Parola del Signore; vivere da testimoni della gioia che viene dall’alto; agire come alberi dalle radici solide e sane, che danno frutti buoni a tempo opportuno secondo il disegno dell’Eterno. L’invito ad essere uomini dell’ascolto e dell’annuncio della Parola del Signore ci viene dal brano del secondo libro dei Re (22,8-13; 23,1-3): esso presenta uno degli eventi più toccanti della storia del popolo d’Israele, la riscoperta del libro della Legge, custode della Parola rivolta dal Dio vivente alla comunità dell’alleanza. Il fatto che questo libro sia stato a lungo dimenticato è la prova che non sono state ascoltate le sue parole di vita e che non si è voluto mettere in pratica quanto vi è scritto per la salvezza degli uomini.

La presa di coscienza di questo abbandono fa emergere nella coscienza collettiva del popolo eletto il bisogno di una riparazione, di una vera e propria riscoperta del dono della Torah quale segno dell’amore del Signore per il Suo popolo e scrigno delle parole da Lui consegnate per mantener vivo il patto con Lui. Si coglie così nella vicenda narrata il significato profondo della Parola di Dio per la comunità scelta dal Signore: nelle parole della Sacra Scrittura è Dio stesso che parla agli uomini e si fa presente con la Sua luce e il Suo amore al cammino dei loro giorni e alle scelte del loro cuore. Si comprende allora come la Parola di Dio sia la buona novella contro la solitudine: essa ci assicura che siamo amati dall’Eterno, che ha parlato e continua a parlarci per stabilire con noi patti di pace e guidare i nostri passi sulle Sue vie. Non siamo soli in questo mondo, gettati verso il nulla della morte: il fatto stesso che il Signore ci parli ci rivela che siamo pellegrini verso la patria promessa dalla Sua fedeltà, chiamati a corrispondere al Suo amore con l’amore e a portare al mondo l’annuncio del Suo dono, rendendo altri partecipi della bellezza del perdono che salva e della vita donataci dall’alto.

Carissimi Emilio e Matteo, siate allora anzitutto uomini della Parola di Dio, perseveranti nell’ascolto profondo, fedele e fecondo di essa, docili alla Sua guida, per diventare a vostra volta annunciatori e testimoni della Sua luce e della Sua forza, capaci di guidare quanti vi saranno affidati sulle vie del Dio vivo, rischiarate dall’alleanza con Lui registrata nelle Sacre Scritture. Nelle riflessioni che Matteo mi ha inviato sulla Parola odierna, questo progetto di vita è espresso così: “Proprio la consapevolezza del mio limite e del mio essere creatura mi ha permesso di comprendere come la via della fedeltà può essere solo quella dell’ascolto attento e vero della voce di Dio, che continua ogni giorno a parlare alla mia vita nel silenzio della mia umanità, quel silenzio dove può abitare il Verbo di Dio e dove Egli ha compiuto e continua a compiere le Sue meraviglie”. Si inserisce qui la voce del Salmo 118, il cui messaggio è compendiato nella supplica iniziale: “Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti e la custodirò sino alla fine. Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge e la osservi con tutto il cuore. Guidami sul sentiero dei tuoi comandi, perché in essi è la mia felicità”.

Il salmista testimonia come l’accoglienza docile e operosa della Parola di Dio non solo illumini la strada su cui avanzare, ma soprattutto porti a sperimentare la vera gioia, quella che niente e nessuno al mondo potrebbe darci allo stesso modo. È la gioia che Voi, Emilio e Matteo, avete conosciuto rispondendo alla chiamata del Signore, quella felicità vera e profonda che non abbandona mai coloro che confidano in Dio e mettono in pratica la Sua volontà. Siate sempre testimoni di questa gioia, annunciatela a tempo e fuori tempo, invitando con l’eloquenza della vostra vita tutti coloro che incontrerete a entrare nell’amicizia con Cristo, a innamorarsi del Suo Vangelo e a vivere nella luce e con la forza che la Sua Parola dà al nostro cuore. La gioia di Gesù sia contrassegno costante della Vostra vita e si irradi come forza viva della missione cui avete consacrato il vostro cuore e tutto ciò che siete e vorrete essere con la grazia di Dio.

Ascoltiamo, infine, la parola del Vangelo secondo Matteo (7,15-20), dove a parlarci è la viva voce del Signore: «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti li riconoscerete». Sono due i messaggi che ci vengono da queste parole: il primo è quello che ci mette in guardia dai falsi profeti, da quanti, cioè, si travestono da angeli di luce, ma in realtà ci orientano in direzione opposta a quella voluta dal Signore. Non è difficile riconoscere come siano tante le sirene incantatrici ai nostri giorni e quanto l’essere sedotti da false promesse sia un’insidia che può rapire il cuore. Siate, allora, testimoni coraggiosi e fermi della verità che salva, non avendo paura a denunciare gli idoli dell’avere, del potere e del piacere che dappertutto tendono a insinuarsi. Ma, soprattutto, siate alberi buoni, dalle radici sane e robuste, pronti a dare frutto secondo le stagioni volute dal Signore: coltivate la profondità, nutritevi della linfa vera della vita, lasciatevi baciare dal sole di Dio e smuovere dal vento dello Spirito, pazienti nel rispettare i tempi che l’Eterno vorrà, per dare frutti umili, ma veri, belli e a loro volta fecondi.

Carissimi, non dimenticate mai quest’immagine dell’albero che oggi la Parola di Dio Vi consegna, soprattutto ricordando l’importanza di avere radici profonde, continuamente irrorate dalla linfa della vita divina. Se il vostro ministero dovrà svolgersi fra il vento e il sole della storia, come è giusto che sia, la sorgente della Vostra pace stia sempre in queste radici, dove Gesù che vi ha scelti e chiamati parla al vostro cuore e lo rinnova nella Sua luce e nella Sua gioia, rendendolo luminoso e fecondo in ogni ora del cammino, di fronte a ogni sfida della vita. Come mi ha scritto Emilio nelle sue riflessioni sulla Parola di oggi, custodire le radici vuol dire “rimanere nell’amore… sapere, e non per sentito dire, che siamo amati dal Padre! … Da questa certezza nasce la necessità di abbandonarci all’azione dello Spirito affinché compia la Sua opera in noi, qui e ora, per sempre”. Radici che hanno anche un volto umano, come nota ancora Emilio: “La mia storia parte da una famiglia umile e semplice, poco erudita, ma molto saggia, e colma di sapienza popolare: è stata la culla di una vita bellissima… Volti che 4 sempre mi hanno insegnato una grande sapienza popolare, a dispetto della colta stupidità dei mondi virtuali e di certo neo gnosticismo disincarnato”.

Da queste radici Emilio trae l’augurio per sé e il suo ministero: “Chi mi ha conosciuto possa ricordare, che, nonostante i miei mille difetti ed errori, io sono un innamorato di Gesù! Il resto non mi interessa e prego il Signore che mantenga puro questo desiderio e che esso non sia spento da desideri mondani o dalla tentazione del potere”. A sua volta Matteo chiede al Signore di “essere un profeta che rende presente Dio, che cammina con gli uomini, un profeta capace di sognare le novità dello Spirito e di attrarre al Signore con la testimonianza della vita, lasciando cogliere in sé la presenza misericordiosa di Dio, investendo tempo ed energie totalmente in Gesù, l’unico che ci fa portare frutti buoni di pace e amore, se siamo innestati a Lui come il tralcio alla vite”. Lo stesso Matteo traduce questa richiesta in una preghiera con cui mi piace concludere questa omelia: “Dio! Tu che non hai principio hai dato principio all’amore… In ogni ora della storia ci cerchi e ci ami. Anche in quest’ora stai cercando il nostro amore! Abbiamo bisogno di questa inquietudine della Tua ricerca per avventurarci per vie sconosciute, misteriose, aperte all’eterno in cui l’unica luce sei Tu. Il Tuo è un amore inquieto. Proprio perciò, sempre nuovo e bello! Rendici sempre più capaci di amare come ami Tu! Rendi il nostro cuore inquieto della Tua inquietudine santa! Amen. Alleluia