VASTO. Nei comuni i ‘divieti’ sono previsti un po’ dovunque: piazze, parchi o cortili dei condomini che siano. Vietato giocare al pallone, lanciare bocce e persino correre; montare una bici è ‘kaputt’, come pattinare o saltare la corda. All’aria aperta tutte queste attività lùdiche sono proibite perché si ritiene che i bambini disturbino o facciano chiasso. Ne consegue che, nella gran parte dei Comuni italiani, i Regolamenti di polizia urbana impongono divieti e regole severe, dicendo – implicitamente – che il gioco non è un diritto. Nel Molise non è proprio così, visto che la briglia la si mantiene ancora sciolta. E, col tempo, a Roma, a Milano, a Genova, a Torino certi reperti precettizi (da antico regime) sembrerebbero superati; ed oggi (sia pure con qualche restrizione) si consente di giocare sulle pubbliche vie, sui pòrtici e sui marciapiedi, sempre che non si arrechi intralcio, disturbo (o pericolo) a sé ed agli altri. Addirittura nei Paesi sotto i 5mila abitanti.
Gli Amministratori si fanno vanto di avere inventato l’espressione di ‘gioco libero’, al punto di esporre – all’ingresso del centro abitato – inèditi cartelli recanti la scritta “Attenzione: rallentare perché qui i bambini giocano per istrada”. Nel 1991 l’Italia ha ratificato la Convenzione dell’Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; ed una Legge prevale sempre su ogni norma regolamentare locale, quale che essa sia. Cessano, quindi, dall’avere vigore norme grottesche comunali quali sdrucciolare con i pattini sul pavimento stradale, visto che fanno più danni gli adulti che masticano ‘chewing-gum’ e poi sputano per terra. Secondo alcuni vetusti Regolamenti è persino vietato pettinarsi in pubblico, giocare alla fionda o alla trottola. A Venezia, per esempio, è consentito il gioco in alcuni luoghi ed in alcune fasce orarie, ma solo agli infraquattordicenni. Ma il ripristino del gioco libero non basta, ed i ragazzini non sanno più cosa voglia dire divertirsi in una piazza. Ed ecco che arriva una sorta di resipiscenza generale (o quasi).
“Tocatì” (tocca a te): è l’intitolazione del ‘Festival dei giochi di strada’, organizzato dall’Associazione per i divertimenti di un tempo ch’e stato. C’e chi non si rassegna al fatto che i ludi “poveri” finiscano nel dimenticatoio, e l’ ‘Accademia del gioco dimenticato’ ritiene che tappi, bottoni e fagioli debbano ridiventare materia viva per ridar vita ai passatempi dei nonni, come la classica gara dei tappi e dei cantoni. Ricordate? Per quesr’ultima servono 5 giocatori ed un “campo di gioco”, abbastanza ampio, di forma quadrata, con 4 angoli che vanno segnati con un barattolo o con un segno a gessetto. A ciascun cantone si posizionano 4 giocatori mentre il 5° si mette al centro del quadrato. Al via, i giocatori annidati agli angoli si scambiano di posto, il più velocemente possibile, mentre quello al centro deve cercare di conquistare uno degli angoli rimasti momentaneamente vuoti! Va in mezzo chi abbia perduto il posto oppure il giocatore che non sia riuscito a conquistare il sito degli altri.
Per la ‘Pista dei tappi’ occorrono 4 ‘birilli’ (a corona), un gessetto colorato (o un mattone rosso), per disegnare la pista, e sassi di varie dimensioni per rinforzarla. Una volta sottolineata (nel cortile di casa, per esempio), vanno tracciate le linee di partenza e quelle di arrivo. Il percorso riuscirà divertente se ci saranno delle belle curve, che andranno rinforzate con dei sassi in modo che non si esca di pista. I concorrenti dovranno lanciare il proprio tappo colpendolo con l’indice o con il medio e tenendo la mano appoggiata a terra. Se il tappo esce di pista, il giocatore perde il turno e deve ripartire dal punto in cui il tappo era stato tirato nel giro precedente. La gara dura almeno 3 giri e vince il primo tappo a tagliare il traguardo.
Poi c’erano le ‘conte’ per scegliere il giocatore che inizia per primo? “Una gallina zoppa quante penne tiene in groppa? Ne tiene ventiquattro,uno, due, tre, quattro”. “Ho mangiato le ciliegie. Le ho mangiate in compagnia: guai a te se fai la spia. Spia uno, spia due, spia tre. E star fuori tocca a te”. Poi c’era “1-2-3 stella”. I giocatori dovevano muoversi dalla linea ed avvicinarsi a chi comandava il gioco, bloccandosi immediatamente alla parola “stella” pronunciata la quale il giocatore di spalle si girava, di scatto, per sorprendere chi fosse stato trovato in movimento. Chi fosse stato sorpreso mentre si muoveva doveva tornare alla linea di partenza e, dopo due volte che fosse stato beccato, veniva eliminato dal gioco. Vinceva chi fosse riuscito a raggiungere il giocatore di spalle per primo. Vecchi giochi permettendolo, persino il ripristino del gioco libero a volte non basta. I ragazzini non sanno più cosa voglia dire divertirsi in una piazza. Eppure, quella di uscire, è una tendenza che ‘deve’ tornare.
Claudio de Luca