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venerdì 9 Maggio 2025
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Il Fisco rilancia il baratto amministrativo

ABRUZZO. La locuzione “baratto amministrativo” (decreto “Sblocca Italia” del 2014) rappresenta, ad oggi, una procedura che non viene presa in considerazione dai Sindaci. Con essa s’intende che, ove un Ente intenda adottare tale strumento, dovrebbe rappresentarlo contabilmente in bilancio, seppure il nuovo ordinamento non ne disciplini puntualmente le modalità di registrazione.

La novità ha preso scarso piede benché voglia contribuire ad evitare la lievitazione della pressione fiscale che riuscirebbe dannosa soprattutto per quella fascia della popolazione che non riesce ad arrivare alla fine del mese. A rinnovarne i fasti provvede, oggi, la deliberazione n. 27 del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico del Ministero dell’ambiente datata 14 maggio 2018 i cui funzionari ricordano che, nell’ordinamento nazionale, l’istituto fu introdotto dall’art. 24 del d.l. n. 133/2014, convertito nella legge n. 164. In materia, si era reiteratamente pronunciata la Corte dei conti precisando che il precetto dell’art. 190 del dlgs n. 50/2016 aveva ripreso – in massima parte – le espressioni testuali dell’art. 24 dello “Sblocca Italia”, sottolineando che «l’area di intervento del baratto concerne i servizi strumentali, le iniziative culturali ed il recupero dei beni pubblici; e che l’utilità derivante all’Amministrazione non prevede lucro, bensì riduzione o esenzione dei tributi corrispondenti all’attività svolta dal privato o dall’associazione in funzione dell’utilità che ne deriva alla P.a. locale».

Nel secolo scorso questa pretesa era nota con la denominazione transalpina di “corvée“, Allora si trattava di un’attività lavorativa prestata volontariamente dal cittadino a compensazione di un’obbligazione tributaria. Oggi ciascuna Amministrazione potrebbe spremere la propria fantasia ed inventare un gran numero di varianti per il tràmite dei Regolamenti comunali e disporre in materia fissando modalità e limiti degli interventi proponibili. A tale proposito, piace ricordare che, almeno sino alla fine degli Anni ’50, quest’abitudine era viva anche in alcuni piccoli centri del Molise. Per esempio, a Macchia Valfortore, il Sindaco dell’epoca Domenico Spadaccino aveva realizzato la rete fognante del Paese utilizzando tale metodica. Oggi i Regolamenti prevedono limiti che escludono l’ipotesi generalizzata del baratto, facendo riferimento al reddito del proponente, sia pure all’interno di una forbice variabile (introiti d’accesso sotto gli 8.500-9.000 euro). Milano è salita ai 21.000, con tetti all’ammontare del tributo convertibile con ore di lavoro personale (1.500 € sempre nel capoluogo lombardo dove un’ora di lavoro vale 10 euro contro i 7 di Oristano ed i 7,5 di Barzano).

I componenti del Comitato del verde pubblico hanno riconfermato che il baratto amministrativo può essere attivato dall’ente locale munito di specifica regolamentazione a carattere generale che descriva gli specifici interventi sotto forma a di riduzione o esenzione del tributo (Tasi, Imu, Tari e in generale estinzione di debenze legate alla fiscalità locale). Continuano i funzionari che il riferimento alle aree verdi (siano esse giardini, parchi comunali, boschi o semplici spazi di verde, abbandonati o no) porta a ritenere che gli interventi possano consistere in pulizia, manutenzione, abbellimento valorizzazione mediante iniziative culturali di vario genere, tutti riconducibili, ‘lato sensu’, al decoro urbano od alla cultura mentre esulano dal baratto amministrativo iniziative di carattere imprenditoriale, quali la realizzazione e la gestione di chioschi o ristoranti o di altre attività a pagamento, su aree verdi pubbliche. I funzionari ministeriali invitano a stimare in anticipo la minore entrata dovuta alla riduzione o esenzione della tassa locale già in sede di bilancio di previsione ai fini del mantenimento degli equilibri economici. Andranno, quindi, prestabiliti nei regolamenti (e conseguentemente nei bilanci di previsione dei singoli anni) i limiti d’importo entro cui l’ente intende accettare interventi su beni comuni, rinunciando al credito tributario. Ed ecco (forse!) perché alle varie Ragionerie dei Palazzi non preme occuparsi di certe cose.

Claudio de Luca