SAN VITO CHIETINO. La Delegazione FAI Teramo promuove un viaggio per domenica 30 settembre, aperto alla cittadinanza, per la scoperta dall’Eremo dannunziano, dell’Abbazia di San Giovanni in Venere e del Trabocco Turchino, quest’ultimo candidato tra i Luoghi del Cuore 2018.
Il trabucco o trabocco (nelle varianti abruzzesi e molisane detto anche trabocco, bilancia o travocco) è un’antica macchina da pesca tipica delle coste garganiche, molisane e abruzzesi, tutelata come patrimonio monumentale dal Parco Nazionale del Gargano e diffusa nel basso Adriatico.
Il trabocco è un’imponente costruzione realizzata in legno strutturale che consta di una piattaforma protesa sul mare ancorata alla roccia, dalla quale si allungano, sospesi a qualche metro dall’acqua, due (o più) lunghi bracci, detti antenne, che sostengono un’enorme rete a maglie strette detta trabocchetto. La tipologia originale abruzzese, tecnicamente detta bilancia, insiste spesso su litorali meno profondi e si caratterizza pertanto per la presenza di una piattaforma in posizione trasversale rispetto alla costa, alla quale è collegata da un ponticello costituito da pedane di legno, inoltre le bilance hanno un solo argano, azionato elettricamente spesso.
Secondo alcuni storici pugliesi, il trabucco sarebbe un’invenzione importata dai Fenici. La più antica data di esistenza documentata risale al XVIII secolo, periodo in cui i pescatori dell’Abruzzo dovettero ingegnarsi per ideare una tecnica di pesca che non fosse soggetta alle condizioni meteomarine della zona. I trabocchi, infatti, permettono di pescare senza doversi inoltrare per mare: sfruttando la morfologia rocciosa di alcune zone pescose della costa, venivano costruiti nel punto più prominente di punte e promontori, gettando le reti verso il largo attraverso un sistema di monumentali bracci lignei.
I primi trabocchi abruzzesi attuali della costa teatina furono costruiti da famiglie ebree intorno alla fine del XVIII secolo. Nel 1889 Gabriele D’Annunzio affittò una villa presso San Vito Chietino, rimanendo colpito dai trabocchi, in particolare dal trabocco Turchino, che descrisse nel romanzo Il trionfo della morte (1894).
Il trabucco è tradizionalmente costruito col legno di pino d’Aleppo, il pino comune in tutto il medio Adriatico; questo perché è un materiale pressoché inesauribile, data la diffusione nella zona, modellabile, resistente alla salsedine ed elastico (il trabocco deve resistere alle forti raffiche di Maestrale che battono il basso Adriatico). Alcuni trabocchi sono stati ricostruiti negli ultimi anni, grazie anche a finanziamenti pubblici,ma hanno perso da tempo la loro funzione economica che nei secoli scorsi ne faceva principale fonte di sostentamento di intere famiglie di pescatori, acquistando in compenso il ruolo di simboli culturali e di attrattiva turistica. Alcuni trabocchi sono stati convertiti in
ristoranti.
La tecnica di pesca, peraltro efficacissima, è a vista. Consiste nell’intercettare, con le grandi reti a trama fitta, i flussi di pesci che si spostano lungo gli anfratti della costa. I trabocchi sono posizionati là dove il mare presenta una profondità adeguata (almeno 6m), ed eretti a ridosso di punte rocciose orientate in genere verso SE o NO, in modo da poter sfruttare favorevolmente le correnti.
Il Trabocco Turchino
Diffusissimi lungo tutta la costa della Provincia di Chieti cui sono originari, i trabocchi sono così frequenti che danno vita alla cosiddetta Costa dei Trabocchi, che si estende precisamente da Ortona a Vasto. Il punto focale della costa sono il centro di Fossacesia e San Vito Chietino.
L’Eremo dannunziano (chiamato anche eremo di San Vito) è un casolare (adibito ad eremo) costruito su un promontorio localizzato nella contrada delle Portelle a San Vito Chietino, dove nell’estate del 1889 risiedette Gabriele d’Annunzio. La zona, nonché il promontorio stesso e il litorale sottostante, è chiamata promontorio dannunziano. A poca distanza vi è il Trabocco Turchino e l’omonima spiaggia. In questa residenza il poeta pescarese soggiornò dal 23 luglio al 22 settembre 1889 insieme alla sua amante Barbara Leoni (soprannominata la “bella romana”), qui trovò ispirazione e ambientazione per il Trionfo della Morte, ultimo della cosiddetta trilogia dei Romanzi della Rosa dopo Il piacere e L’innocente. Nel testo è ai piedi del promontorio che i protagonisti del romanzo perdono la vita. La residenza è oggi di proprietà privata.
L’abbazia di San Giovanni in Venere si trova nel comune di Fossacesia. Il complesso monastico di San Giovanni in Venere è composto da una basilica e dal vicino monastero, entrambi costruiti all’inizio del XIII secolo in luogo del piccolo monastero preesistente . La posizione è, molto panoramica su di una collina che domina la costa vicina per diversi chilometri verso nord e verso sud. Dal dicembre 2014
il sito è in gestione al Polo museale dell’Abruzzo.
La chiesa presenta la struttura classica delle basiliche di stile cistercense, con tre navate separate da archi ogivali e soffitto di legno. La facciata principale presenta il portale della Luna, tutto in marmo, decorato con altorilievi e con materiali antichi di recupero. Sul lato sud si trovano il portale delle Donne (ingresso laterale, è quello comunemente usato), anch’esso adorno di decorazioni marmoree, ed il campanile mozzato, le cui feritoie tradiscono l’uso di torre difensiva che ne fu fatto. Opposte alla facciata principale, si trovano tre absidi, la cui decorazione ad archi e bifore rivela un certo gusto arabeggiante. Sotto l’altare maggiore si trova la cripta, in cui fanno bella mostra di sé delle colonne di epoca romana.
Le absidi sono decorate da affreschi del Duecento. Sotto l’ingresso principale è un altro locale, ricavato nel Duecento dai resti dell’abside dell’antica chiesa paleocristiana. Del monastero originario rimangono tracce nell’area dell’attuale convento (sul versante orientale, vicino al campanile interno): era una struttura a rettangolo allungato, su quattro livelli, con accesso sopraelevato, rifatta e restaurata in età rinascimentale. All’abate Oderisio II si deve il chiostro duecentesco che si svolgeva su tre lati (in gran parte ricostruito nella prima metà del Novecento) con trifore con colonnelle in marmo ed abaco a stampella. Sui tre lati si sviluppava il complesso abitativo e produttivo benedettino del XIII secolo, di cui rimane visibile l’attuale area conventuale e parte del settore settentrionale basso (più vicino all’ingresso alla chiesa), caratterizzata da strette feritoie (arciere).
Il riferimento a Venere deriva da una tradizione che individua un tempio pagano sul luogo dell’attuale chiesa (un tempio, secondo alcuni, costruito nell’80 a.C. e dedicato a Venere Conciliatrice). L’unica traccia di questo tempio sarebbe rimasta nel toponimo Portus Veneris, che designava un approdo posto alla foce del fiume Sangro in epoca bizantina (ricordiamo che i Bizantini controllarono le zone costiere del meridione fino all’XI secolo, quando furono definitivamente cacciati dai Normanni). Un secondo riferimento a Venere è dato dal fatto che sotto l’Abbazia è ubicata la cosiddetta fonte di Venere, fontana romana dove secondo una tradizione paganeggiante sussistente fino alla metà del Novecento, le donne che desideravano concepire un figlio si recavano ad attingere l’acqua sgorgante dalla stessa.
Sempre secondo la tradizione, il primo nucleo del monastero andrebbe ricercato in un cellario (piccolo ricovero) per frati benedettini, dotato di una cappella, fatto edificare da un certo frate Martino nel 540. Questi avrebbe fatto demolire il tempio pagano, ormai abbandonato, per costruirvi il cellario. Il primo documento storico che parla di Sancti Johannes in foce de fluvio Sangro è, però, solo dell’829; tuttavia, recenti scavi(1998) hanno riportato alla luce i resti di un edificio di culto paleocristiano ed alcune sepolture databili al VI-VII secolo. Inoltre nei mesi tra dicembre 2006 e febbraio 2007 ulteriori ritrovamenti archeologici dovuti alla pavimentazione della piazza antistante l’abbazia hanno riportato
alla luce una necropoli italica risalente al V secolo a.C.
Intorno all’anno Mille è documentata la prima espansione del monastero: i Conti di Chieti Trasmondo I e Trasmondo II fecero ampliare il cellario, trasformandolo in un’abbazia cassinese, e donarono agli abati vasti terreni e diritti di pedaggio sul vicino Portus Veneris. Nel 1047 all’Abbazia fu concessa la protezione imperiale. Intorno al 1060 l’abate Oderisio I, temendo l’avanzata dei Normanni verso la Contea di Chieti, fece fortificare il monastero sul lato occidentale, come ancora nel XVIII secolo testimoniava un’epigrafe contemporanea all’opera, e fondò il castrum di Rocca San Giovanni; in occasione di questa fortificazione, l’antica fonte romana venne inserita all’interno del circuito murario del Monastero, sottraendola di fatto all’uso dei coloni laici circostanti e rendendola esclusivo appannaggio dei monaci.
Nel XII secolo l’abbazia raggiunse il culmine del suo splendore. Nel 1165, l’abate Oderisio II di Collepietro – Pagliara diede il via ai lavori per la costruzione della nuova chiesa e di un monastero molto più grande. Se la chiesa è quella che vediamo ancora oggi (benché spogliata di tele e sculture), il monastero attuale è solo una piccola parte di quello che doveva essere intorno al 1200. Pare che ospitasse stabilmente dagli 80 ai 120 monaci benedettini, in una struttura dotata di aule studio, laboratori, una grande biblioteca ed un ricco archivio ,locali per gli amanuensi, due chiostri, un forno, un ambulatorio, delle stalle, un ricovero per i pellegrini ed altro ancora.
Nel XII secolo, nell’Abbazia si ritirò Berardo da Pagliara, uomo di origini teramane e molto noto per la sua umiltà e la dedizione assoluta alla preghiera. Dopo la morte del vescovo Uberto, nel 1116 Berardo venne letteralmente preso dai suoi concittadini e ricondotto, con mille preghiere, a Teramo. Ne divenne vescovo. Dopo la sua morte (1122), Berardo fu proclamato santo e da allora egli è il patrono di Teramo.Dal punto di vista politico, in quegli anni l’abate di San Giovanni era il più grande feudatario ecclesiastico del Regno di Sicilia.
Nel Trecento cominciò il declino dell’abbazia, non riuscì più a pagare le imposte alla Curia romana e per questo, dal 1394, fu soggetta ad abati commendatari, cioè nominati dal Papa anziché eletti dal Capitolo dell’abbazia. Nel 1585, Papa Sisto V concesse in perpetuo l’abbazia e quanto rimaneva del suo feudo alla Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri. Nel 1626, i Filippini concessero la giurisdizione religiosa dell’abbazia e dei paesi che da essa dipendevano all’Arcivescovo di Chieti. Nel 1871, infine, il neonato Regno d’Italia confiscò il monastero ed i suoi beni alla Congregazione. Nel 1881 l’Abbazia fu dichiarata monumento nazionale ed assegnata in custodia agli stessi Filippini.
I decenni che seguono ne segnarono il progressivo degrado, causato dalla scarsa manutenzione, da alcuni terremoti e, infine, dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Dagli anni cinquanta in poi, una lunga serie di restauri ci ha restituito in buone condizioni la chiesa e ciò che rimane del monastero.
IL Programma
Domenica 30 Settembre 2018
Partenza :h. 7,45 da Piazza Garibaldi || h. 8,00 sosta a piazzale San Francesco
h. 10.00 Arrivo a Fossacesia e visita all’Abbazia di San Giovanni
in Venere.
h. 11,30 Visita al trabocco didattico di Punta Tufano di Rinaldo Verì a Rocca
San Giovanni , dimostrazione di pesca e aperitivo con degustazioni
di oli locali e marmellate agli agrumi.
h. 13.00| 15.00 Pausa pranzo . Possibilità di prenotare direttamente il pranzo
h. 15.00 |16.30 Partenza per San Vito Chietino. Visita al promontorio dannunziano
con affaccio sul Trabocco Turchino e visita all’Eremo dannunziano
h. 16,30|17.30 Visita al belvedere “Guglielmo Marconi” di San Vito
Chietino.
ore 17,30 partenza per Teramo. Arrivo previsto h. 19.30
Durante il percorso saremo assistiti dalla guida turistica Gabriella Carlini.
Quota individuale di partecipazione (iscrizioni entro lunedì 17 settembre ) :
€ 30; iscritti FAI € 25 ; volontari € 23
La quota comprende: Trasporto in pulman, guida, aperitivo sul trabocco
La Quota NON comprende il pranzo che è possibile prenotare
DIRETTAMENTE : Osteria Baracconda , presso il trabocco di Punta
Tufano, contrada Vallevò, cell. 333 4436 831 sig. Rinaldo
Iscrizioni alla gita entro lunedì 17 settembre presso:
Sede FAI Teramo: via Delfico 73, 2° piano – Teramo.
La sede è aperta al pubblico nei giorni:
martedì e giovedì h. 9.30 – 12.30, venerdì h. 15.30 – 18.30
Per informazioni:
MAIL teramo@delegazionefai.
Cell.349 123 8617, Maria Pia Gramenzi