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mercoledì 23 Aprile 2025
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Molise grande e Molise piccolo

LARINO. Quello di “odorare” e di “adorare” il profumo dell’antichità costituisce uno dei maggiori “tic” dei Molisani, seppure non tutti si lascino “segnare” da certi comportamenti. Perciò, periodicamente, la 20.a regione, demograficamente inferiore solo alla Valle d’Aosta (e, quindi,una delle più piccole d’Italia), incongruamente, è diventata appetibile molto di più che nel passato. Difatti sono tanti i Comuni posti al confine dell’Abruzzo, della Campania e della Puglia che ambirebbero di esserle annessi. Il riferimento va innanzitutto a quelli foggiani (Alberona, Carlantino, Casalvecchio di Puglia, Castelluccio Valmaggiore, Celenza Valfortore, Peschici, Roseto Valfortore, S. Marco La Catola, S. Severo, Torremaggiore e Volturino) che si battono per costituire la Moldaunia; un sostantivo che èvoca il titolo di una operetta, pur riconducendo – per assonanza – a realtà ben più concrete, quali la Pomerania tedesca.

Essa vorrebbe essere soprattutto una realtà territoriale nuova, composta dal Molise e da una porzione della Daunia. Dal suo canto l’intera provincia di Benevento (in cui sono presenti tante comunità, già molisane almeno sino al 1861) desidererebbero concretare un più rustico Molisannio; e così vorrebbero associarsi: 1) in Abruzzo, i Comuni di Castel di Sangro e quelli di una porzione del Vastese, della valle dell’Alto Sangro e dell’altro Trigno; 2) in Campania, taluni centri del Casertano e dell’Avellinese.

Se queste ambizioni potessero realizzarsi, dall’amalgama sortirebbe una realtà geografica di tutto rispetto che farebbe approssimare il nuovo aggregato ad 1.500.000 abitanti. In senso contrario marciano le ‘visioni’ più ristrette di numerose associazioni agnonesi che propongono un reintegro dell’area altomolisana all’Abruzzo, come peraltro era stato sino al 1811. Al contrario, ipotesi più meditate e razionali, elaborate a livello nazionale, vorrebbero dare vita ad “aree geografiche vaste”, concretanti territori forti e competitivi, per ciò stesso dotati di una maggiore capacità contrattuale e, quindi, in grado di attrarre investimenti pubblici e privati tali da permettere la realizzazione di infrastrutture strategiche in grazia di una più proficua gestione dei Fondi europei.

Storicamente già taluni “Patres” dell’Unità d’Italia avevano avuto a proporre l’alternativa federalista. Ma poi, all’inizio degli Anni ’90, la Fondazione “Agnelli” aveva avanzato l’ipotesi di una macro-Regione adriatica costituita da Abruzzo-Marche-Molise. Nel 2008, ne fu delineata un’altra (dai contorni più appenninici) formata dai territori delle Province di Avellino, di Benevento, di Salerno, di Foggia, di Potenza e di Campobasso; e, nel 2010, SVIMEZ (un’Associazione nata per dare lievito allo sviluppo industriale nel Mezzogiorno) prospettò, ‘sic et simpliciter’, una Regione del Nord ed una del Sud (di cui avrebbe dovuto far parte il Molise).

Il tutto all’interno di uno Stato federale retto da un Presidente eletto dal popolo. Più tardi il Movimento dei riformisti italiani, ritenendo che 2 macro-Regioni fossero veramente poco rappresentative di una realtà storicamente più complessa, intese di doverne proporre almeno 5. Poi si parlò ancora di 3 Repubbliche (una del Nord, una dell’Etruria ed una del Sud), da costituire accanto alle sempiterne 5 Regioni a Statuto speciale. Recentemente, il Movimento neo-borbonico ha delineato un territorio comprensivo di tutte le province del vecchio Regno delle due Sicilie mentre altri studiosi sono ritornati a riproporre la macro-Regione partorita dalla Fondazione piemontese. Infine, non va scordato che – nel 1963 – vi fu chi immaginò lo spacchettamento periferico del Molise di modo che varie porzioni del territorio potessero essere annesse alle regioni limitrofe, mentre di recente c’è stato chi ha impegnato il Governo Monti a suddividere la Penisola in macro-Regioni aventi affinità economiche e sociali tali da consentire una spesa pubblica più meditata. Per la cronaca, è da dire che, per lo più, sono solo gli amministratori locali ad auspicare un’autonomia che resti così com’è; evidentemente perché in tal modo si rendono disponibili più poltrone per il vantaggio di chi, sul posto, di politica vive (e vegeta) da troppi anni.

Claudio de Luca