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venerdì 14 Marzo 2025
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Piero Villaggio: “Vi racconto la tossicodipendenza e il rapporto con mio padre”

VASTO. Ha preso il via ufficialmente il Festival del Cinema di Vasto. La kermesse cinematografica vastese ha avuto inizio con la presentazione del libro “Non mi sono fatto mancare niente” di Piero Villaggio, nell’ambito della sezione Storyboard, che prevede ogni pomeriggio, prima della proiezione del film in programma, l’incontro con uno scrittore nella splendida cornice dei Giardini di Palazzo d’Avalos.

Ospite del primo appuntamento è stato il figlio del celeberrimo attore e scrittore Paolo Villaggio, scomparso nel 2017. A partire da una lettura di alcuni brani della sua opera, Piero ha rivelato aneddoti della sua durissima adolescenza, segnata dalla tossicodipendenza, e l’evoluzione negli ultimi tempi del suo rapporto con il padre dopo anni e anni di assenza.

L’incontro è stato introdotto dall’Assessore al Turismo di Vasto Carlo Della Penna, il quale ha ringraziato la Fondazione Cinema per Roma per aver sposato un progetto che ha permesso di riportare il cinema all’aperto nella nostra città.

Il dialogo con l’autore è stato condotto da Mario Sesti, il quale ha presentato il libro nei termini di una autofiction, ovvero una storia vera raccontata in una lingua romanzesca: Tutti noi nella nostra vita abbiamo delle cose che ci fanno arrossire – ha affermato il rappresentate della Fondazione Cinema per Roma – Ebbene questo libro nasce come una memoria, è un sincero racconto della vita di Piero, in tutti i suoi tratti dolorosi”.

Piero Villaggio ha raccontato senza reticenze il suo rapporto con la droga, iniziato a sedici anni, quando vivendo in una situazione di scarso controllo per via di un padre spesso lontano da casa per lavoro, è entrato in contatto con l’eroina. Un incontro casuale ma che in poco tempo lo ha condotto in un tunnel senza via di uscita. Sette anni in tutto, durante i quali lo scrittore ha sperimentato sulla sua pelle gli effetti distruttivi della tossicodipendenza.

Un’esigenza, quella di fare uso di queste sostanze – ha affermato l’autore – nata per appagare un senso di disagio inspiegabile che mi sentivo dentro e che mi ha portato a vivere esperienze tragiche come la morte della mia ragazza per overdose. Sono stato un tossico “atipico” – ha continuato Piero Villaggio – perché la disponibilità economica mi ha consentito di potermi procurare gli stupefacenti con facilità, senza dover ricorrere a espedienti particolari, e ha favorito che tenessi all’oscuro i miei famigliari della mia vera condizione“.

Nella seconda parte c’è spazio anche per parlare del rapporto con il padre, risanatosi pian piano dopo il periodo buio della droga e della successiva lunga fase della riabilitazione: “Per tanto tempo ho avuto una relazione abbastanza frivola con mio padre: lui era sempre occupato per via del successo che aveva conseguito, io a mia volta lavoravo all’estero. Per anni abbiamo avuto poco tempo per frequentarci. Poi, negli anni della senilità, ha cominciato a sentire l’esigenza di avermi al suo fianco, di sentire la mia presenza, e abbiamo cominciato a chiacchierare, a conoscerci realmente. Si può dire che solo allora abbiamo cominciato ad avere un compiuto legame padre-figlio“.

In conclusione Piero Villaggio ha ammesso che il suo impegno nella scrittura, nato sotto la spinta della moglie, sia da considerare probabilmente un’esperienza conclusa: “Non sono uno scrittore. Ho soltanto sentito l’esigenza di raccontare le vicende della mia vita perché so, come tutti coloro che hanno conosciuto la tossicodipendenza, di aver vissuto un inferno”.