VASTO. Tra dubbi, perplessità e qualche mugugno, volge al termine il primo weekend in compagnia del Green Pass.
La certificazione verde viene rilasciata dopo la prima o seconda dose di vaccino, con un certificato di guarigione dal Covid-19 o con un tampone negativo nelle 48 ore precedenti. Deve essere mostrata tramite smartphone, o nel formato cartaceo, per consumare al tavolo al chiuso in bar e ristoranti, per entrare nei musei, cinema, teatri, mostre e palestre. Per partecipare a fiere, sagre, ricevimenti e concorsi pubblici.
La lista in realtà è anche più lunga, e comprende un gran numero di attività. Altrettanto numerosi sono però i punti di domanda dei ristoratori, apparsi quanto mai divisi sul tema. Una cosa è certa: il Green Pass fa discutere. E la spaccatura non riguarda allora soltanto i clienti, contrapposti nell’eterno conflitto tra scettici e pro-Vax, ma coinvolge anche e soprattutto gli stessi gestori, tra chi si è adeguato alla situazione senza pensarci poi troppo e chi, al contrario, non ha potuto fare a meno di mostrare la propria insoddisfazione.
“Sono i primi giorni e dobbiamo ancora abituarci, ma è un po’ complicato. Non siamo dei vigilanti, ci adattiamo” commenta Roberto Salvatorelli, titolare de La Votta Piene. “La nostra categoria è tra le più penalizzate, le problematiche sono le solite e ormai le conosciamo tutti”.
Ancor più netta la posizione di Enzo D’Aprile proprietario de La Pergola: “È un’offesa all’intelligenza delle persone: se il cliente mangia all’esterno il Green Pass non serve, mentre all’interno diventa necessario. È un’incongruenza. Però c’è chi ritiene sia giusto, evidentemente avranno i loro motivi. Spero solo che la vaccinazione di massa si concluda al più presto e che questo brutto periodo finisca”.
Opposta invece la linea di pensiero seguita da Giuseppe Ricotta e Paolo Galante, titolari del Well Done Bistrot Burger & Co:
“È una misura corretta, che garantisce la tutela di tutti. Se c’è una regola è giusto che venga rispettata, ed è nostro dovere come ristoratori farlo capire anche ai clienti affinché tutto vada per il meglio”.
Uno dei punti più controversi è quello concernente il controllo del documento di riconoscimento. C’è chi come Salvatorelli,, non sentendosi nella posizione di effettuare una verifica tanto approfondita, ha scelto di affidarsi alla collaborazione della clientela:
“Cerco di fare il possibile per garantire il rispetto delle regole, ma devo fidarmi del nominativo che c’è sul Green Pass. Anche volendo non avrei il tempo di controllare i documenti di tutti”.
Al Well Done invece “in caso di consumazione all’interno viene richiesto sia il Green Pass che il documento d’identità. Non è una responsabilità addizionale ma un dovere verso la collettività”.
Anche Simone e Giuseppe confidano però nel supporto del cliente: “Chi viene a mangiare nel nostro locale deve presentarsi già con Green Pass e documento alla mano, senza che sia necessaria una richiesta esplicita. Altrimenti diventa un’imposizione piuttosto che una cooperazione ed è facile risultare anticipatici”.
Quanto infine alle modalità operative, sia La Pergola che il Well Done hanno “una persona appositamente preposta al controllo all’ingresso del locale”, mentre a La Votta Piene “la strategia è quella di far accomodare il maggior numero possibile di clienti all’esterno. Già in fase di prenotazione c’è un check telefonico preliminare, a cui fa seguito la verifica vera e propria tramite smartphone”.