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martedì 15 Aprile 2025
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Crisi dei semiconduttori: «La tempesta perfetta», parla un operaio metalmeccanico

ATESSA. Com’è noto la crisi dei semiconduttori colpisce duro e oggi e domani si fermano ancora una volta la Sevel e la Fca Plastics Unit.

Ma sulla crisi dei semiconduttori c’è chi vuole fare chiarezza. Una testimonianza diretta, da un operaio metalmeccanico, che sta vivendo sul campo questi difficili mesi dove la globalizzazione mostra il suo lato peggiore, quello che determina la crisi di competitività. Si chiama Domenico D’Ascanio. «Al rientro delle ferie estive i tantissimi termolesi e molisani che lavorano nell’industria dell’automotive si sono trovati di fronte ad una situazione inaspettata e inimmaginabile, tanto più che è andata ad aggravare un contesto di transizione già complesso in origine.

Ma facciamo un passo indietro, dopo la comprensibile diffidenza iniziale nata dalla fusione tra Fca e Psa avvenuta nel dicembre del 2019, la dichiarazione del nuovo amministratore delegato della nuova nata Stellantis Carlos Tavares, durante il mega evento EV 2021 Day, nel Luglio di quest’anno, in cui annunciava che Termoli sarebbe diventata una delle tre Gigafactory in Europa per la produzione di batterie, aveva riacceso un po’ gli animi e le speranze dei dipendenti già purtroppo piagati e avviliti da una situazione produttiva nella gran parte del sito, altalenante e discontinua con un contratto di solidarietà intervallato con la cassa integrazione emanata dal governo per l’emergenza Covid. Quindi nel complesso si era già coscienti che la situazione era piuttosto complessa perché il periodo di transizione avrebbe avuto comunque dei tempi tecnici piuttosto lunghi. Ma complessivamente l’umore era alto e la prospettiva di un futuro lavorativo radioso e sereno si era instaurata nuovamente negli animi dei lavoratori. Poi a settembre qualcosa è cambiato si è cominciato a parlare di crisi dei semiconduttori e si è cercato di comprendere in che maniera tale problema avrebbe influito sulla nostra filiera produttiva, inizialmente non rendendoci veramente conto di quanto grave fosse la situazione e dei suoi enormi risvolti in termini occupazionali. Crisi dei semiconduttori: cos’è, perché è nata e quando sarà risolta? Diciamo da subito che sul settore dell’automotive si è scatenata quella che gli analisti hanno definito “una tempesta perfetta” terminologia che si usa di sovente per descrivere quando un uragano colpisce l’area più vulnerabile di una regione, provocando il massimo danno possibile per un uragano di quella categoria. Tutto è partito a causa della pandemia Covid-19 che ha messo in crisi la produzione industriale dei chip a livello mondiale.

Come spesso  accade in queste situazione è partito un accaparramento dei grandi colossi del tech per le forniture, e così hanno lasciato a bocca asciutta molte altre aziende che ne avevano bisogno. Nel frattempo, miliardi di persone bloccate in casa dal lockdown non potevano più acquistare automobili, ma cellulari e dispositivi di ogni tipo sì: computer più potenti, schermi più grandi, televisori con più pollici, tablet e smartphone più efficienti. Aumentando così in maniera enorme la domanda di processori, dando il via ufficialmente a una spirale che è all’origine del “chip crunch”.

Aggiungiamoci anche che importazioni ed esportazioni sono diventate estremamente complicate e contemporaneamente non solo è diminuita la disponibilità di processori, ma quelli rimasti sono stati concentrati in altri settori.

Inoltre anche due incidenti avvenuti nel primo trimestre del 2021, l’incendio all’impianto della Renesas Electronics, una grande azienda giapponese che produce componenti elettronici e il secondo ancora più famoso incidente del canale di Suez, dove la portacontainer Ever Given si è arenata per giorni, bloccando le vie di comunicazione tra Asia e Europa, hanno enormemente aggravato la situazione odierna.

Insomma una tempesta perfetta.

Le case automobilistiche hanno cercato di correre ai ripari per cercare di trattenere il respiro e ripartire al più presto.

Tra le strategie messe in atto, come stiamo tristemente vedendo ci sono “in primis” il ridimensionamento della produzione, poi il dirottamento del materiale disponibile verso le linee premium e infine l’eliminazione di alcuni optional dai listini per diminuire la richiesta di materiale e la produzione interna dei chip.

E già, perché dal più semplice alzacristalli elettrico fino ai più sofisticati sistemi di guida assistita ogni auto monta almeno due dozzine di microchip e i modelli più tecnologici possono sfiorare anche il centinaio.

Quando terminerà la crisi dei semiconduttori:

Se andiamo oggi in una qualsiasi concessionaria vedremo i tempi di consegna raddoppiati o triplicati, le cose però potrebbero risolversi prima di quanto si era ipotizzato all’inizio, in cui si parlava di circa due anni.

In tal senso le buone notizie arrivano dall’oriente dove la ministra dell’economia di Taiwan, Wang Meihua, ha assicurato che il paese che oggi è il maggior produttore al mondo di semiconduttori, sta lavorando alacremente per aumentare la produzione e che nel giro di poche settimane si potrebbe arrivare a pareggiare la domanda e l’offerta.

La Taiwan Semiconductor Manufacturig Corporation, più grande azienda di processori a livello globale, capace di produrre da sola il 50 per cento del mercato, ha comunicato di recente che già entro il 2021 vedremo dei miglioramenti, per una normalità che si vedrà nel secondo semestre del 2022.

Volendo fare un paragone più facilmente comprensibile è come se fossimo stati bloccati in una coda autostradale causata dall’incidente Covid-19 e anche se davanti le auto sono già ripartite l’industria dell’automotive si trova alla fine della coda e sarà tra le ultime a ripartire normalmente.

Come poi si sta ripercuotendo questa crisi nella nostra cittadina lo vediamo benissimo c’è un altissima adesione dei lavoratori alla proposta di uscita volontaria fatta nello stabilimento di Termoli, per provare a ripartire in altri campi lavorativi e ci sono situazioni di emergenza per i lavoratori precari presenti in Sevel che in questo contesto rischiano di non vedere riconfermati i propri contratti».