La compagnia inglese di petroli e gas ‘Rockhopper Exploration’, con ‘asset’ nelle Falkland, ha vinto un arbitrato internazionale contro l’Italia riguardante la piattaforma «Ombrina Mare», collocata al largo della Costa dei Trabocchi, in provincia di Chieti, più o meno all’altezza di San Vito. Lo ha annunciato con un documento da cui si evince che il lodo arbitrale si è risolto con una compensazione di 190 milioni di euro oltre agli interessi del 4%, capitalizzati dal 2016. L’Azienda ha sostenuto che il mancato rilascio della concessione ha concretato la violazione del Trattato sulla Carta dell’energia da parte del Ministero dello Sviluppo che aveva fermato le autorizzazioni per la ricerca di idrocarburi ‘offshore’. La multinazionale avrebbe dovuto sfruttare il giacimento poi bloccato per la contrarietà dei cittadini.
La gran parte delle 122 concessioni attive nei mari italiani sono ubicate nell’Adriatico. Ad esse occorre aggiungere una ventina di istanze di ricerca e di “coltivazione”, cosicché – tra la Romagna e la Puglia – risultano sparse decine di piattaforme collegate a centinaia di pozzi, indicate per lo più con nomi femminili (Giovanna, Simonetta, Eleonora) o di pesci (Squalo, Sarago e Vongola); altre sono state dimensionate con i nomi di varie località costiere. Quella denominata ‘Ombrina mare’ è ubicata a sei chilometri dalla costa e vi si estrae gas. Oltre Pescara, a Pineto, opera un altro paio di piattaforme di idrocarburi da cui si estrae gas. Più a nord, poi, si infittiscono, cosicché, in giù, ricompaiono tra Ortona e Vasto, in Molise ed in Puglia. Nella ventesima le piattaforme sono le ‘Rospo mare’ 1 e 2 da cui si estrae petrolio; sono collocate al largo, proprio ai confini tra Vasto e Termoli. Presso il Mise giacciono decine di istanze per la ricerca e per la coltivazione di idrocarburi anche a terra, oltre ai titoli minerari già rilasciati. Non ci sono possibilità concrete di appello alla decisione; e, a seguito della condanna, il versamento dovrà essere effettuato improrogabilmente entro 120 giorni. Il verdetto è stato unanime dal momento che, col giudizio, si è stabilito che l’Italia ha violato l’Energy Charter Treaty. Al riguardo è stato stimato che il 20% dei fondi servirà per coprire spese di varia natura, e che il netto per la Compagnia sarà dell’80% del versato. Il Ceo della ‘Rockhopper, Sam Moody’ ha affermato di essere felice per il risultato conseguito perché era stata apprestata una gran mole di lavoro da quando era stata compravenduta la Medoilgas (nel 2014) per portare ‘Ombrina’ alla luce, e da quando erano state attivate le pratiche dell’arbitrato nel 2017.
In Abruzzo si erano moltiplicati, negli ultimi anni, i movimenti di protesta contro le trivelle. Vi avevano preso parte vari Comitati nonché enti locali, uomini di scienza, in nome della difesa ambientale ma anche dell’economia agricola, della pesca o del turismo. Le agitazioni erano cominciate con il Centro oli, progettato dall’Eni, che avrebbe dovuto sorgere tra le colline del Montepulciano per raccogliere, lavorare e raffinare il greggio estratto dai pozzi ‘Miglianico’ e ‘Granciaro’, a terra, e probabilmente anche ‘offshore’. La Compagnia aveva fatto istanza di autorizzazione nel 2006; e, all’inizio, la cosa era rimasta riservata. Poi la notizia di una Ortona diventata “zona mineraria” era diventata pubblica e nella tranquilla provincia abruzzese era scoppiata una specie di insurrezione civile contro un progetto ritenuto stravolgente per le economie della zona. Cominciò a formarsi un movimento composto di scienziati, chimici, geologi, fisici, ingegneri che prese a combattere contro un progetto accusato di non reggere ad una seria valutazione di impatto ambientale. Ne sarebbe derivata la fine per l’economia locale fondata sull’agricoltura di qualità. Ciò posto, però, la volontà degli arbitri di esporre l’Italia al pagamento di un indennizzo tanto pesante dimostra tutta l’assurdità dell’adesione nostrana al Trattato sulla Carta dell’Energia del 1994. Di fatto la Repubblica, aderendo a questo Trattato, ha rinunciato a decidere sul proprio territorio col risultato che manco una legge dello Stato sia riuscita a tutelare gli interessi dei cittadini contro le potenti multinazionali dell’energia fossile. È semplicemente vergognoso che la tutela del territorio finisca per comportare un costo così alto per la collettività.
Claudio de Luca