VASTO. “Ho speso 30 anni della mia vita dando tutta me stessa ad una persona che non lo meritava. Mi ha isolata dalla mia famiglia di origine, dall’affetto dei miei amici, persino dai miei vicini di casa. Mi permetteva di lavorare. Ma solo perché il luogo era alla sua portata: vicino casa e per questo gli consentiva di controllare regolarmente e continuamente i miei spostamenti. Ho preso la patente, ma non mi faceva guidare. Il guinzaglio che mi teneva stretto al collo doveva essere corto. Più la corda si allungava e più in lui si faceva difficile la consapevolezza di poterla tenere stretta“.
Domani ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e con questa dolorosa testimonianza vogliamo dare un messaggio attraverso le parole di chi, dopo tante difficoltà, sta vivendo un percorso di rinascita, pur tra mille difficoltà. La speranza è che arrivino dritte al cuore di quante le riconoscono nel proprio vissuto o di chi vede attorno a sé qualcuno che sta soffrendo. Questa donna coraggiosa viene seguita dall’associazione Emily Abruzzo che dà loro sostegno, compresa la consulenza psicologica e legale.
“Le prime avvisaglie le ho avute quando ha iniziato a esternare in modo violento la sua gelosia pur essendo io una donna né appariscente né con atteggiamenti equivocabili. La sua inettitudine nel riuscire ad essere un individuo sano ed equilibrato l’ha riversata su questi comportamenti violenti. Alternava momenti in cui mi metteva su un piedistallo ad altri in cui con un calcio era capace di farmi sprofondare. Andava dall’amore pieno fino a diventare la persona più brutta e spaventosa del mondo. Mi faceva sentire incapace di fare qualsiasi cosa, mi ripetava frasi volte a screditarmi. Per lui, al contrario suo, non ero in grado di parlare, di fare nulla. Poi ha iniziato a farmi vivere nella paura. Mi diceva che mi avrebbe fatto di tutto. Ho cercato di scappare ma non me l’ha permesso dicendomi che mi avrebbe uccisa se l’avessi fatto. Devo la mia vita a mio figlio che mi ha difesa. Devo la mia rinascita alle forze dell’ordine e all’associazione Emily che mi ha accolta e supportata e che ringrazierò per sempre”.
E con la voce rotta dal dolore lancia il suo appello a chi come lei vive quotidianamente questo incubo: “Fatevi coraggio. Anche io mi dicevo ‘dove vado?’. Ma c’è sempre un posto dove rifugiarsi. C’è sempre una porta che vi verrà aperta. Il dolore fisico passa. Quel livido, quel calcio, quello schiaffo passano. Quello che resta è il dolore emotivo. Il dolore dell’anima non passerà mai. Nonostante tutto non lo odio perché mi fa pena. Non ha amore né per sé stesso né per gli altri. Un giorno mi sono guardata allo specchio e mi sono detta che avevo diritto di vivere e non di sopravvivere. Che sono una persona e sono amata dai miei figli, l’unica cosa bella che ho avuto da questa relazione. Sono donna, sono mamma e lo sarò per sempre. Non sono un oggetto, come mi faceva sentire lui. Non sono una cosa da possedere come e quando ne aveva voglia. Le persone non si usano, ma si amano e si rispettano. Una cosa che gli dicevo sempre è ‘non condivido la tua opinione ma la rispetto’. Lui no, diceva ‘tu non sei niente, non capisci niente, sei stupida, sei scema’. Queste erano le sue parole. E magari due giorni dopo mi diceva che ero speciale, bellissima. Mi sentivo come se camminassi su un ponte di cristallo. Da un momento all’altro si poteva rompere e farmi finire giù all’inferno. E non ne capivo nemmeno il perché”.
Per chiedere aiuto ecco il numero dello sportello Emily Abruzzo: 3311566701