ABRUZZO. “Il Coordinamento Fp CGIL Polizia Penitenziaria Abruzzo-Molise, dopo gli eventi drammatici accaduti presso l’istituto di pena di Pescara (leggi), intende sottoporre alcune riflessioni a tutti i Politici, Amministratori, Impenditori, Associazioni e in particolare a tutti gli operatori del settore Penitenziario che, a vario titolo, sono coinvolti nella gestione degli istituti di pena di questa Regione.
I drammatici episodi che si susseguono ormai da anni, aggressioni al personale che opera nelle strutture, tentativi di rivolte, suicidi sia tra i detenuti che tra gli operatori stessi, evidenziano un sistema sottoposto a un meccanismo quasi fuori controllo.
Nello specifico riteniamo che, allo stato attuale il pianeta carcere, così come è strutturato, non corrisponda più e non soddisfi più i requisiti Costituzionali. Il disastro, certo, non inizia in questi ultimi anni, ma è frutto di un lento declino, fatto di politiche senza orizzonti, di tagli al personale e al blocco del turn over, di politiche emergenziali che hanno determinato un pesantissimo sovraffollamento: un mix di scelte che sottopone chi vi lavora, e i detenuti stessi, a condizioni poco dignitose.
Occorre aprire una discussione franca e fuori da preconcetti ideologici, coniugare le esigenze di sicurezza sociale con il sacrosanto dovere di restituire alla società cittadini migliori. È tempo di affrontare tutte le questioni che rendono gli istituti di pena, luoghi di emarginazione e di violenza. Investire in termini di assunzioni di personale, costruire strutture detentive nuove, favorire le attività lavorative, attività di studio e interventi realmente individualizzati, anche incrementando il sostegno psicologico alle persone recluse.
È necessario invertire una politica di tagli generalizzata – che in questi anni si è abbattuta come una scure su tutti i settori del mondo Penitenziario – per consentire a chi vi opera di poter svolgere in modo dignitoso e onorevole il proprio lavoro.
La Fp CGIL Polizia Penitenziaria Abruzzo e Molise, ritiene che tutti i settori della società siano coinvolti nel tentativo, necessario, di rimettere al centro il mandato Costituzionale.
Noi come Organizzazione Sindacale continueremo a denunciare con forza le storture di questo sistema e le condizioni pessime di chi vi lavora: Poliziotti Penitenziari, Educatori, Dirigenti e operatori Sanitari; manifesteremo nelle sedi opportune tutte le nostre ragioni e porremo in essere tutte le azioni, volte a migliorare un sistema, che è parte integrante della società”.
Così, in una nota, il Coordinatore Fp CGIL Polizia Penitenziaria Abruzzo-Molise, Gino Ciampa.
“La Confederazione Cobas esprime costernazione per il suicidio del giovane egiziano avvenuto nella casa circondariale di Pescara il 17 febbraio scorso (che a regime potrebbe ospitare 276 detenuti, ma ne contiene 448), l’ennesima manifestazione di un disagio espresso da tempo e costato, solo nel 2024, 90 morti, e dall’inizio di quest’anno già 13.
La Confederazione Cobas rimarca le pesanti responsabilità del Governo rispetto ad una situazione giunta allo stremo, sulla quale le proteste dei detenuti, dei loro famigliari, e del personale occupato nei centri di detenzione hanno cercato da tempo, ma inutilmente, di porre l’attenzione.
Sordo ai costi delle vite umane, indifferente al sovraffollamento, alla carenza di organici del personale, alla presenza di detenuti in condizione di fragilità (dipendenze, disagio psichico, difficoltà cognitive), ai quali dovrebbero essere riservati spazi e trattamenti specifici, ed all’assenza di figure professionali mediche, il Governo continua a guardare in direzione opposta, perseguendo una politica panpenalista che ha visto aumentare le pene ed il numero dei reati per i quali è prevista la reclusione, anche per coloro che protestano rivendicando il diritto a vivere lo stato di detenzione in condizioni dignitose e non disumane e, in quanto tali, limitative dei diritti soggettivi.
La Confederazione Cobas chiede che il mondo della politica si assuma le sue responsabilità e metta in atto riforme strutturali per garantire spazi ed attività che si coniughino con il benessere psicofisico ed il reinserimento dei detenuti nella comunità: la detenzione non può diventare espiazione e degradazione: la politica della legalità non può prescindere dal rispetto dei diritti dei detenuti.
Si ricorda che tra i principi costituzionali in materia penale assumono particolare rilievo gli art.li 13, e 27, laddove viene “punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà” – e si stabilisce che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Il reinserimento sociale dei detenuti è un diritto e richiede l’impegno delle istituzioni a predisporre un percorso rieducativo, attraverso l’organizzazione di circuiti penitenziari individualizzati che tengano conto dei molteplici profili di varietà della popolazione carceraria”.
Così, in una nota, La Confederazione Cobas.