VASTO. Momenti di forte tensione nel carcere cittadino, dove un internato, rientrato da una licenza oraria in evidente stato di ebbrezza, ha scatenato il caos mettendo in pericolo detenuti e personale penitenziario.
L’uomo, identificato come B.C., di etnia Rom, fino al giorno prima considerato un detenuto modello, ha perso completamente il controllo, minacciando di morte agenti e altri ristretti, e tentando ripetutamente di aggredirli. L’episodio, iniziato nel tardo pomeriggio, si è protratto fino a notte inoltrata, rendendo necessario l’intervento immediato e coordinato del personale penitenziario.
Provvidenziale l’azione degli agenti, guidati dal dirigente Sandro Sabatini, che sono riusciti a contenere la situazione senza che si registrassero conseguenze gravi. Alcuni di loro, pur essendo fuori servizio, non hanno esitato a rientrare in istituto per supportare i colleghi.
«È solo grazie alla professionalità e al sangue freddo dimostrati dai poliziotti penitenziari se oggi non parliamo di una tragedia», commenta Mauro Nardella, rappresentante sindacale. «Hanno saputo gestire con lucidità un evento critico, mettendo al primo posto la sicurezza e il dovere, anche a costo di sacrificare il proprio riposo».
Nardella sottolinea però anche le difficoltà sistemiche: «Non possiamo continuare a contare solo sullo spirito di sacrificio degli agenti. Serve più personale e un’organizzazione che consenta il rispetto dei turni. Questa vicenda ci insegna molto, ma ci impone anche di agire prima che sia troppo tardi».
L’episodio ha riacceso l’attenzione sul tema delle risorse e della gestione del personale nelle carceri italiane. In questo caso, la professionalità ha avuto la meglio sull’imprevedibilità della situazione. Ma la domanda resta: cosa sarebbe successo senza l’intervento tempestivo e oltre il dovere degli agenti?