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giovedì 10 Luglio 2025
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Fine vita: “La legge non passa per voto contrario della maggioranza, occasione persa”

ABRIZZO. “Il Consiglio regionale d’Abruzzo oggi ha bocciato un provvedimento che avrebbe ampliato i diritti dei cittadini che vivono in condizione di estrema sofferenza, rifiutandosi di ascoltare le richieste di migliaia di persone che hanno sottoscritto, con  ben 8.119 firme,  la legge di iniziativa popolare  sul fine vita, scritta dall’Associazione Luca Coscioni. Un’occasione persa che ha impedito all’Abruzzo di compiere quel passo avanti nella sfera dei diritti legati alla dignità della persona”.

Ad affermarlo è il Consigliere regionale Luciano D’Amico che con i gruppi di PD, Abruzzo Insieme, M5S, AVS, Azione e Riformisti, compone la coalizione di opposizione del Patto per l’Abruzzo.

“In Italia – continua D’Amico – ai sensi della legge 219/17, un malato può scegliere il rifiuto delle terapie o l’interruzione della sedazione profonda, oppure, ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza 242/19, accedere all’aiuto alla morte volontaria. Noi abbiamo lavorato all’interno delle commissioni competenti affinché in Abruzzo, così come in Toscana,  si legiferasse per stabilire un protocollo chiaro per la gestione delle richieste di fine vita come previsto dalla legge nazionale e dalla corte Costituzionale. Lo abbiamo fatto con convinzione perché questa legge, per la quale ringraziamo l’Associazione Luca Coscioni, è una di quelle norme che potremmo definire “tempo dipendenti” perché mentre noi discutiamo sulla competenza della Regione Abruzzo a legiferare sul tema, nonostante sia stata chiaramente definita dal Collegio delle garanzie statutarie, e mentre aspettiamo che il Senato avvii una discussione su un futuro disegno di legge,  ci sono persone che soffrono: oggi è possibile interrompere la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale e morire per disidratazione o per progressiva compromissione delle condizioni fisiologiche avviandosi verso la morte con sofferenze inaudite, ma non fare ricorso al suicidio assistito. Così come è possibile rifiutare il supporto di ventilazione meccanica e affrontare la morte per progressivo soffocamento, ma non accedere al suicidio assistito: non si capisce il motivo, ma bisogna soffrire anche per morire. Non è questo che ci hanno chiesto oltre 8 mila cittadini abruzzesi che, al contrario, chiedono una concreta possibilità di esercizio di diritti costituzionalmente garantiti, di stabilire tempi certi e procedure chiare per esercitare una scelta consapevole, rispettando la dignità della persona”, conclude. 

“Con un voto che tradisce la volontà di oltre ottomila cittadine e cittadini, oggi, in Consiglio regionale la maggioranza di destra ha bocciato la proposta di legge per dare regole e tempi certi alla scelta libera e consapevole di gestire il proprio fine vita da parte di persone affette da patologie gravi ed irreversibili. Una proposta di civiltà, che avrebbe finalmente colmato un vuoto normativo drammatico, è stata affossata per ragioni puramente ideologiche, senza alcun rispetto per il dolore e la dignità delle persone malate, pur essendo un diritto già stabilito dalla Corte costituzionale”. Lo dichiarano i Consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle Francesco Taglieri ed Erika Alessandrini

“Siamo davanti a una sconfitta per l’Abruzzo, ma soprattutto per chi vive ogni giorno dentro una sofferenza che non lascia scampo”, aggiungono i consiglieri del Movimento 5 Stelle. “La destra ha scelto scientemente di ignorare il grido silenzioso di chi chiedeva solo il diritto di poter scegliere e ha voluto mandare al macero 8.119 firme di cittadine e cittadini abruzzesi che dal basso si sono resi protagonisti di un importante e prezioso momento di democrazia”. 

Per Alessandrini e Taglieri, “quella bocciata oggi non era una forzatura politica ma un testo che si limitava a regolamentare l’accesso al suicidio medicalmente assistito nei casi già riconosciuti dalla Corte Costituzionale. Nessun nuovo diritto, nessuna deriva etica, solo un percorso umano, chiaro e controllato per chi si trova in condizioni irreversibili e con sofferenze insopportabili. La destra, invece, ha preferito l’oscurantismo rifugiandosi nelle false argomentazioni della competenza nazionale e non regionale insieme all’impigmazione della legge regionale della Toscana che, pur essendo stata impugnata, non è stata sospesa ma resta a tutti gli effetti valida r vigente. L’Abruzzo avrebbe potuto altrettanto”. 

“L’ipocrisia vista oggi in aula è quella della stessa maggioranza che, per mesi, ha rallentato l’iter della legge: sedute rinviate, audizioni ignorate, discussione relegata in fondo all’agenda. E ora, con un voto che sa di accanimento ideologico, ha detto no non solo a questo testo, ma alla libertà di scelta, alla dignità del vivere e del morire, al rispetto per la volontà popolare, scaricando le proprie responsabilità su un fantomatico testo depositato in Senato. Avevamo fatto tutto il possibile”, spiegano Taglieri e Alessandrini. “Avevamo coinvolto giuristi, medici, bioeticisti, avevamo costruito un percorso serio, partecipato, equilibrato. Avevamo dato voce a oltre 8.000 cittadini che nel 2023 firmarono per questa legge. Il Collegio di garanzia ne aveva già sancito la piena ammissibilità costituzionale. Eppure, il muro ideologico della destra ha prevalso sul buon senso, sulla scienza, sulla pietà”. 

“Oggi l’Abruzzo resta indietro, ancora una volta. Mentre altre regioni italiane si dotano di leggi che permettono alle persone di affrontare il fine vita con consapevolezza e serenità, qui si continua a nascondere la testa sotto la sabbia. A pagare questo ritardo saranno i pazienti e le famiglie, costretti ancora a rivolgersi altrove o ad affrontare percorsi lunghi, incerti, pieni di ostacoli. Continueremo a portare avanti questa battaglia di civiltà, dentro e fuori le istituzioni perché la libertà di scelta, soprattutto quando si parla di fine vita, non può essere ostaggio delle ideologie di chi governa. Oggi, però, è una pagina buia per l’Abruzzo”, concludono i Consiglieri.

“Un tema così delicato come quello del fine vita non può essere normato a livello regionale. Va affrontato attraverso una legge nazionale, discussa e votata dal Parlamento. Le Regioni non hanno competenza su materie così profonde e decisive per la vita e la dignità delle persone. Su questo siamo in linea con la posizione del Governo. Piuttosto dobbiamo investire maggiormente sulle cure e in particolare su quelle palliative”. Lo dichiara 
Vincenzo D’Incecco
, Capogruppo della Lega in Regione e presidente della Commissione Bilancio a proposito della proposta di legge regionale sulle ‘Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito’ respinta oggi pomeriggio dal Consiglio regionale. “Le istituzioni e lo Stato – prosegue D’Incecco – devono prendersi cura dei cittadini, sostenendoli, cercando di alleviare loro la sofferenza, non legittimando la morte come soluzione. Parlare di amore e dignità, come si fa, nel contesto del suicidio assistito è una forzatura. La legge di oggi voleva normare un atto che porta una persona a scegliere di morire prematuramente. Non possiamo attenuare con il linguaggio la gravità di una scelta così estrema. La vita – prosegue D’Incecco – è fatta di gioie ma anche di dolori, e purtroppo anche di sofferenza. Fa parte della condizione umana. Così come non decidiamo quando nasciamo, non dobbiamo decidere quando morire. Lo Stato non deve offrire una puntura o una pillola, ma una carezza, una presenza, un sostegno. E poi come si fa a essere certi che una persona voglia davvero morire? Una commissione medica può davvero giudicarlo? E se quel desiderio cambia dopo un istante? Le leggi non si fanno sui casi individuali, ma per costruire una società che aiuta le persone a vivere”. D’Incecco lancia quindi un monito: “Se iniziamo da qui, tra trent’anni rischiamo di discutere se convenga o meno tenere in vita un anziano di 90 anni o un bambino malato come è successo al piccolo Alfie Evans. Ci chiederemo: vale la pena? Costa troppo? La sanità può reggerlo? Una porta che si apre oggi rischia di diventare un portone domani. Per questo dobbiamo investire seriamente in cure palliative, in strutture e associazioni che aiutano chi soffre. Un sorriso, una parola, una presenza valgono molto di più di un atto irreversibile. Ho votato contro – conclude D’Incecco – perché credo che le istituzioni debbano abbattere la sofferenza, non il sofferente”.

“Che amarezza in Consiglio regionale. Dopo settimane di appelli, mobilitazioni e richieste di ascolto da parte della società civile, oggi la destra abruzzese ha deciso di voltare le spalle alla dignità, al dolore e alla libertà delle persone.

La legge sul fine vita, promossa da Eutanasia Legale Abruzzo e sostenuta da tutta l’opposizione in Consiglio, non era una bandiera ideologica, ma una proposta di civiltà: per garantire a chi soffre, a chi affronta l’ultimo tratto della propria esistenza, il diritto a essere accompagnato nel rispetto della propria volontà, come previsto dalla Costituzione e dalle sentenze della Corte.

La maggioranza, confusa, ha preferito rifugiarsi dietro slogan oscurantisti. Emblematica la posizione della Lega, che ha invocato un presunto “diritto alla vita” contro il diritto – altrettanto fondamentale – alla non sofferenza. Ancora più grave è il silenzio del Presidente Marco Marsilio, che ha lasciato correre parole e atteggiamenti indegni di un’istituzione pubblica, senza alcun richiamo, senza un gesto di responsabilità.

Oggi l’Abruzzo ha perso un’occasione per essere guida morale e politica. Noi Giovani Democratici continueremo a stare dalla parte delle persone, del loro dolore e della loro libertà. Perché una politica che non sa ascoltare non è degna di governare”.

Saverio Gileno

Segretario regionale Giovani Democratici Abruzzo