TERMOLI. Il primo settembre 2016 i Carabinieri della compagnia di Abruzzo e Molise insieme a quelli di altre regioni, portarono a termine una serie di arresti disposti dall’ordinanza della dda aquilana denominata “Isole Felice”.
Una inchiesta contro le infiltrazioni malavitose della criminalità organizzata in Molise e in Abruzzo, in particolare a San Salvo, finita nella relazione della Dia al Parlamento, da cui emersero ulteriori scenari, tutti originati dall’attività investigativa.
Nel rapporto della Dia, «Quelli che venivano indicati come segnali, per quanto qualificati, di una presenza delle cosche in Abruzzo e in Molise, grazie alle evidenze investigative raccolte con l’operazione ‘Isola Felice’, sono diventati importanti tessere del mosaico espansionistico della ‘ndrangheta verso regioni solo all’apparenza meno appetibili».
Ebbene, questa organizzazione che è stata stroncata grazie all’indagine promossa negli ultimi anni in ben sei regioni comincia oggi a essere processata al tribunale di Pescara. Una citazione immediata, corsia preferenziale del codice di procedura penale, che vede gli indagati alla sbarra senza passare il filtro dell’udienza preliminare. Su questo, infatti, si attendono eccezioni da parte di alcuni legali, secondo cui i loro assistiti non rientrerebbero nella casistica.
Nell’inchiesta ‘Isola Felice’, condotta dai Carabinieri con l’esecuzione di 25 misure cautelari, si è fatta «piena luce sull’operatività del gruppo Ferrazzo di Mesoraca (Crotone) in Abruzzo e in Molise». «Il capo ‘ndrina – si legge ancora nella relazione – non solo aveva scelto di stabilire ufficialmente la propria residenza in San Giacomo degli Schiavoni, ma si era di fatto reso promotore di una associazione criminale composta sia da calabresi che da siciliani (famiglia Marchese di Messina) che operava tra San Salvo, Campomarino e Termoli».