VASTO. In un’epoca in cui la partecipazione civica appare spesso affievolita, il referendum resta uno degli strumenti più autentici della democrazia diretta. L’8 e il 9 giugno saremo chiamati a esprimerci su cinque quesiti referendari: temi delicati e complessi, certo, ma proprio per questo meritevoli della nostra attenzione e del nostro voto.
Non vogliamo entrare nel merito delle ragioni del “sì” o del “no”. Non è questo l’intento. L’invito è più semplice e più alto: andare a votare, esercitare il nostro diritto di cittadini, partecipare. Perché ogni scheda inserita nell’urna è un pezzo di democrazia che si rinnova.
Il referendum non è solo una procedura costituzionale. È un’occasione rara di protagonismo per il popolo sovrano, una possibilità concreta di influenzare direttamente l’indirizzo legislativo del Paese. E lo è a prescindere dalla posizione che si sceglierà di prendere sui singoli quesiti.
I temi oggetto del referendum riguardano il mondo del lavoro e la cittadinanza. In particolare si potrà esprimere la propria preferenza o contrarietà su licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti (scheda verde), Indennità in caso di licenziamento nelle piccole imprese (scheda arancione), contratti a termine (scheda grigia), responsabilità solidale negli appalti (scheda rosa) e cittadinanza (scheda gialla).
Si tratta di argomenti che toccano la vita concreta di migliaia di persone, e che interrogano valori profondi: diritti, dignità, uguaglianza, giustizia sociale.
Il rischio maggiore non è che vinca il sì o il no. Il vero fallimento sarebbe un’affluenza troppo bassa, l’indifferenza, il silenzio. Perché quando si rinuncia a votare, si delega ad altri la propria voce. E spesso chi non parla, finisce per essere dimenticato.
Dunque, votare non è solo un diritto. È anche un dovere morale, un atto di fiducia nelle istituzioni, ma anche una sana forma di vigilanza. Andare alle urne significa dire: ci sono, voglio contare, voglio scegliere.
Che si voti per cambiare o per mantenere, per confermare o per fermare, l’8 e il 9 giugno è la democrazia che chiama. Rispondiamole.
Federico Cosenza