VASTO. In una giornata particolarmente ventosa i ricordi dei vastesi tornano alla tregedia che ha colpito la città ben 66 anni fa.
In questo stesso giorno del 22 febbraio, ma dell’anno 1956, una rovinosa frana cambiava completamente l’aspetto morfologico di Vasto e la vita di tanti cittadini.
Un evento che ha mostrato la profonda fragilità del costone orientale e la cui eco è tornata nel 2013 con lo smottamento che in via Tre Segni con lo sprofondamento di una palma e in via Adriatica.
La storia
Tra il febbraio e il giugno 1956, Vasto fu sconvolta da una serie di frane e smottamenti causata dalla gran quantità di precipitazioni, anche di carattere nevoso, che si erano prodotte in quei mesi. Secondo alcuni, la frana, tra le più gravi della storia di Vasto, fu dovuta ancora una volta alle pessime condizioni delle condutture idriche sotterranee, inesistenti sino agli anni ’60, poiché le famiglie attingevano l’acqua ancora dai ruderi dei due acquedotti romani.
Una parte di uno fra i più antichi rioni del centro storico sprofondò a valle, verso il mare, e andarono distrutti alcuni edifici pubblici e religiosi di notevole valore architettonico, fra cui la Chiesa di San Pietro, di età medievale, oltre a circa centocinquanta alloggi privati.
L’immediata evacuazione della popolazione residente dalla zona colpita, subito dopo la prima frana del 22 febbraio 1956, evitò tuttavia che si producessero vittime fra i civili.
Il 28 agosto 1957 un’autocorriera cittadina precipita con 39 persone a bordo in un burrone nella località di Casarza, straordinariamente senza provocare vittime (32 feriti di cui solo 3 in gravi condizioni)[24].
Il Genio Civile, con l’aiuto del governo italiano, arginò la frana del costone orientale costruendo delle condotte per lo smaltimento delle acque delle falde sotterranee, e nel 1960 demolì la pericolante chiesa di San Pietro, poiché parte dell’abside era rimasto sporgente verso il baratro. Ci furono sollecitazioni da parte della Soprintendenza, dei fedeli e del parroco per salvare il prezioso manufatto, ma per evitare pericoli, si decise con la demolizione in tronco della chiesa, lasciando solo la facciata medievale, senza che però questa chiesa fosse ricostruita in seguito, come promesso. Gli arredi sacri e la stessa sede parrocchiale furono trasferiti, dove ora stanno ancora, nella chiesa di Sant’Antonio con l’ex convento dei francescani. Gli sfollati vennero ospitati nell’ex scuola elementare di piazza Rossetti, e in case popolari prontamente costruite per far fronte all’emergenza.
Fino alla fine degli anni 50 oltre alle attività artigianali, come la lavorazione della ceramica e l’arte dei vetrai, l’economia del Vastese era basata essenzialmente su agricoltura, commercio e pesca, e soggetta ad alto tasso di emigrazione (soprattutto verso Belgio, Stati Uniti, Canada, Argentina, Brasile e Australia), portando la popolazione a 20 121 nel 1961 (unica flessione demografica negativa insieme alle perdite dovute alle grandi guerre del Novecento).
Fonte Wikipedia