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venerdì 14 Marzo 2025
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La vera secessione è quella economica tra Nord e Sud

ABRUZZO. Dopo la fine della Prima Repubblica, Nord e Sud non hanno smesso di ‘allontanarsi’. Parola di Francesco Bonazzi (“Viva l’Italia”, Chiare lettere). “Le differenze economiche e sociali si sono ampliate, fino a poter dire che oggi non si parla più di secessione semplicemente perché non ce n’è più alcun bisogno”. Queste vedute sono confermate dai dati raccolti da Eurostat e dall’Istat.

Leggendoli viene confermato che gli abitanti del Mezzogiorno sono i più poveri della U.e. A fronte di una media europea di 30mila euro, il Sud della Penisola registra 18.900 di Pil-‘pro capite’, in leggera crescita rispetto al 2016. Il ‘record’ negativo è detenuto dalla Calabria (17.200, contro i 16.700 dell’anno prima); segue la Campania (18.200, prima 17.800), la Puglia (18.400, prima 18.100), il Molise (19.800, prima 19.600), la Basilicata (21.100, prima 20.800) e l’Abruzzo (24.700, prima 24.000). Male anche la Sicilia (benché salita dai 17.200 euro del 2016 a 17.500) e la Sardegna (20.600, prima 20.200). Migliori i dati del Centro Italia, le cui regioni – in un anno – sono transitate da 30.200 euro ‘pro-capite’ a 30.700, mentre la Toscana (30.400) ed il Lazio (32.700) superano la media europea. Nel Nord-Ovest il balzo fra il 2016 e il 2017 è stato da 34.400 a 35.200 euro; nel Nord-Est da 33.500 a 34.300 euro. Il Pil più alto è quello della Provincia autonoma di Bolzano (42.300 euro). Insomma gli ultimi dati Istat sui redditi mostrano ancora una volta come l’Italia sia spaccata in due. Riferendoci al pil-medio/ab, la media nazionale è di 28.500 euro annui; ma molto dipende dalla zona che si esamina. In linea generale, al Sud, il Pil è inferiore del 45% rispetto a quello del Centro-Nord: 35,4mila euro nel Nord-Ovest, 34,3mila nel Nord-est, 30,7mila nel Centro e 18.500 al Sud. Insomma la situazione al Nord, ed al Centro, è ben altra cosa mentre la situazione al Sud è peggiorata dal 2011 ed il divario con il Nord è lievitato.

La Lombardia, nel 2017, ha segnato un +2,7% rispetto al 2016, ma eccelle anche la situazione della Provincia autonoma di Trento. Subito dopo troviamo il Veneto e le regioni del Nord Est. Al Sud la situazione migliore è stata registrata in Campania ed in Abruzzo (+1,6%) mentre il Molise ha segnato un -0,4%. Marche ed Umbria, a causa degli eventi sismici del 2016, hanno segnato una variazione nulla nel secondo caso mentre, nel primo, hanno subito una lieve flessione. I dati suesposti possono essere confrontati con le recenti classifiche sulla qualità della vita che mostrano come – a dominare quasi tutti i fattori legati al reddito – siano le città del Centro-Nord. Per incontrare una Comunità meridionale occorre saltare, a pie’ pari, dopo la 60esima posizione (vedi Campobasso ed Isernia). Il divario economico, insomma, è ancora troppo elevato ed il nostro Paese è, di fatto, già spaccato in due. E ciò si è verificato sin dal 2007 (mutui ‘subprime’) e dal 2008 (calo politico del Pd e di Forza Italia), concretando una secessione di fatto che ha tagliato il ‘pil’ del Sud (- 9,7%) mentre al Nord se la sono cavata con una flessione del 4%.

Perché succede questo? Perché il Meridione soffre di mali incancreniti come la lontananza dai mercati che contano, la dipendenza del reddito dal pubblico impiego o dalle risorse statali, la tollerata evasione fiscale dei tributi locali, una Giustizia civile lenta, una mentalità poco incline alla concorrenza, una classe politica paternalistica che – spesso, ma non sempre – amministra il disordine, senza volere attendere alla crescita del senso civico degli amministrati. E così la flessione dei redditi ha fatto lievitare il numero delle persone finite in condizione di povertà. La conseguenza è stata che chi dimora al di là del Po ha potuto acquisire, giorno dopo giorno, il senso della separazione dal resto d’Italia; mentre la gran parte del Centro-Nord poggia ampiamente i piedi in Europa, al punto che tante località non sfigurerebbero in mezzo ai ‘lander’ più ricchi della Repubblica democratica tedesca e che Cuneo, Biella, Torino, Milano e Brescia distribuiscono servizi catalogabili tra i più alti della U.e. Ergo, un De Luca, un Mastella, un De Magistris finiscono semplicemente con l’apparire come facenti parte di una sorta di lontano presepe di pastori.

Claudio de Luca