Fuga dai piccoli comuni del Vastese "tra mancanza di servizi e disastri ambientali"
VASTO. Negli ultimi 50 anni l'entroterra Vastese ha visto la sua popolazione dimezzarsi letteralmente. È difficile trovare ragioni e soluzioni, ma il problema andrebbe affrontato con una programmazione più strutturata, come tempo fa ha suggerito il sindaco di Furci (Leggi).
Abbiamo ulteriormente approfondito il tema con Nicholas Tomeo, dottorando in Ecologia e Territorio nell'Università del Molise, impegnato in un progetto di ricerca sull'Area Interna del Matese.
Qual è lo stato attuale dei paesi del Vastese?
I paesi dell'alto e medio Vastese si trovano ad affrontare tutte le problematiche delle aree interne italiane: forte carenza di servizi essenziali – che in realtà sono diritti essenziali – quali sanità, istruzione, mobilità e banda larga, il che si traduce in costante spopolamento e de-antropizzazione.
Basti prendere in considerazione i dati di alcuni paesi per rendersi conto del problema: Castiglione Messer Marino nel 2001 contava 2.220 residenti, oggi 1.545; Torrebruna è passata da 1.161 del 2001, a poco più di 700 nel 2021; San Buono, che registrava 1.198 residenti nel 2001, oggi 869. Emblematico il caso di Schiavi di Abruzzo, che ha praticamente visto dimezzarsi la sua popolazione in appena vent'anni, passando da 1.394 abitanti nel 2001 a 679 nel 2021.
Questa è una tendenza comune a tutti i Paesi del medio e alto Vastese, nessuno escluso, ed è un'evoluzione che si registra in maniera costante dagli anni '50 del secolo scorso ad oggi.
Quali sono le ragioni, perché oggi i giovani abbandonano il paese e non investono in attività turistiche?
Le risposte vanno rintracciate in quello sviluppo economico e urbanistico che dalla metà del '900 ha concentrato servizi essenziali e infrastrutture in pochi centri, abbandonando gran parte del territorio italiano, abbandonando cioè le comunità e le persone. Per questo credo che più che parlare genericamente di aree interne, bisognerebbe chiamare questi territori aree marginalizzate: non è stata una contingenza, ma una consapevole scelta politica che ancora oggi viene sposata dalla gran parte della classe dirigente e politica italiana.
Prendiamo a mo di esempio il Vastese: negli anni '50 e '60 del '900 sono state sviluppate le due grandi aree industriali di Vasto e San Salvo. Bene, se i paesi del medio e alto Vastese da quegli anni in avanti hanno visto un forte spopolamento, Vasto e San Salvo invece sono costantemente cresciute in termini numerici: nel 1951 Vasto costava 20.919 abitanti, nel 2021 40.565, mentre San Salvo è passata da 4.243 del '51 a 19.555 nel 2021.
Se in queste due città si sono concentrate tutte quelle infrastrutture che garantiscono i servizi essenziali, in primis scuole e ospedale, il medio e alto Vastese è stato lasciato a se stesso: se per andare a scuola devo fare quaranta minuti di viaggio all'andata e altrettanti al ritorno, o se per una visita ospedaliera devo percorrere molti chilometri di strade dissestate anche in caso di emergenza, io quel paese lo lascio per trasferirmi dove ho la scuola e l'ospedale.
Fermo restando che a mio modesto parere bisogna sfatare il mito del “territorio che può vivere solo di turismo”, credo che in queste condizioni è anche difficile investire in attività turistiche: se mancano servizi essenziali diventa complesso investire in un territorio, perché chi decide di farlo spesso viene lasciato a se stesso.
Quali ripercussioni ha lo spopolamento sul territorio?
Anzitutto va detto che lasciare il proprio paese perché viverci è diventato difficile, è sempre una decisione sofferta, una forzatura che nega il diritto all'abitare. Capiamo che si tratta di migliaia di persone nei fatti “espulse” dal proprio territorio e costrette a subire una forte contrazione dei diritti di cittadinanza sanciti e riconosciuti dalla Carta Costituzionale.
In ogni modo sono molte le conseguenze dello spopolamento delle aree interne, ne prendo una solo a titolo esemplificativo. I territori soggetti a spopolamento soffrono spesso una scarsa manutenzione territoriale. Se consideriamo che le attività economiche di questi luoghi sono principalmente legate alle attività agro-silvo-pastorali, viene da sé capire che mancando una gestione del territorio per lo svolgimento di queste attività socio-economiche, il territorio si espone maggiormente a frane e dissesto idrogeologico, disastri ambientali che si ripercuotono anche nei territori a valle, come purtroppo la cronaca nazionale ha più volte narrato.
Come si combatte lo spopolamento delle aree interne?
È impossibile dare delle soluzioni valide per tutti i territori perché ogni paese ha delle caratteristiche proprie che non permettono di adottare soluzioni univoche e valide per ogni luogo, approccio disastroso quanto le cause stesse dello spopolamento. Possiamo però dire che a livello generale vanno innanzitutto garantiti i servizi essenziali alle popolazioni residenti che non possono essere lasciati in mani private, dato che stiamo parlando di diritti di cittadinanza: istruzione, sanità, mobilità e banda larga sono le condizioni minime affinché si inverta la tendenza dello spopolamento. Senza questi presupposti vivere nei paesi delle aree interne è spesso una resistenza quotidiana, e diventa difficile fare restare le persone o attrarre nuovi residenti.
Anche le misure economiche in favore dei nuovi residenti o le case a un euro, giusto per esemplificare, sono delle misure fini a se stesse se poi mancano i presidi sanitari, le scuole e i mezzi di trasporto.