Terremoto dell’Aquila: "La vita delle persone è stata messa da parte per soldi"

Le testimonianze mer 05 aprile 2023

Vasto "Davide credeva nella giustizia e non avrebbe voluto vendetta"

Attualità di Lea Di Scipio
4min
Terremoto dell’Aquila: "La vita delle persone è stata messa da parte per soldi" ©vastoweb.com
Terremoto dell’Aquila: "La vita delle persone è stata messa da parte per soldi" ©vastoweb.com

VASTO. "Una catastrofe che genera un fiore. Questo il messaggio che abbiamo voluto lanciare agli studenti, insieme a Liliana Centofanti e alla famiglia Tamburro. Dal terremoto dell'Aquila devono nascere fiori di conoscenza e da essa lo spirito critico. Davide è stato un vostro compagno di scuola, un ragazzo vivace come voi e dalle mille sfaccettature. Noi lo vogliamo ricordare insieme a tutte le vittime che purtroppo quella notte sono state protagoniste di un destino che non si augura a nessuno. Un dolore che non sarà mai possibile colmare, ma non dobbiamo fermarci a subirlo, dobbiamo viverlo per gestirlo con un atteggiamento predittivo per il futuro".

A dirlo è la dirigente del Polo Mattioli di Vasto Maria Grazia Angelini in apertura di un incontro organizzato nell'aula Magna della scuola, dopo quello svoltosi nella palestra Centofanti - Natale (Leggi)1, e dove gli studenti hanno incontrato Federico Vittorini della Fondazione 6 Aprile per la vita, Vincenzo Vittorini dell'associazione 309 Martiri dell'Aquila, Renato Di Nicola di Abruzzo social forum e la psicoterapeuta Ilaria Carosi. E questi ultimi, moderati da Liliana Centofanti del Comitato familiari vittime della casa dello studente, hanno parlato agli studenti attraverso le loro dirette testimonianze. 

Presenti il vicesindaco Felicia Fioravante e l'assessore all'Istruzione Anna Bosco: "È un anniversario tragico che non dobbiamo dimenticare. Ricordare per crescere nell'insegnamento strategico che i vostri insegnanti contribuiscono a darvi nella formazione della vostra personalità, affinché quando voi stessi ricoprirete dei ruoli lo facciate in modo da non commettere errori. Crescere nel rispetto per l'altro e per la società. Dovete sentire il dovere civile e morale affinché quello che è successo non ricapiti più. C'è bisogno di una risposta di vita e di un messaggio di resilienza rispetto alle brutture che la vita ci pone davanti".

E Vincenzo Vittorini, che ha perso moglie e figlia, accompagnato dal figlio Federico ha detto: "Da quella notte è partito un percorso di battaglie e la giornata del 6 aprile oltre alle commemorazioni istituzionali deve essere trascorsa con le scuole. È difficile sorridere, ma bisogna ricordare con un sorriso le persone che non ci sono più e continuare a battersi".

E Federico ha sottolineato: "Avevo 13 anni e questa tragedia ha accompagnato la fase della mia crescita e ho imparato a gestire le emozioni e il dolore e a dare un significato a quello che è successo, come il concetto della memoria che non va sottovaluto e non con il pianto e il raccoglimento, ma prendendo spunto dagli errori del passato per non rifarli nel futuro".

E dal tavolo, coordinato da Liliana Centofanti, i parenti delle vittime in rappresentanza delle varie associazioni hanno detto: "Ci sono stati mesi di scosse e forse qualcosa poteva essere fatto. Anche sapere se fosse giusto avere paura. In realtà è stato detto proprio ciò che non doveva essere detto, ovvero che era tutto a posto e ciò ha fatto sì che sulla città sia ricaduta la responsabilità di decidere cosa fare e la cittadinanza ha dovuto scegliere da sé se rimanere dentro o uscire. La cittadinanza è stata anestetizzata. Dopo i soccorsi ci sono stati funerali di Stato, di quello Stato che però è stato assente perché in quei mesi c'è stato detto che potevamo stare tranquilli. La vita delle persone è stata messa da parte per i soldi, ma le vite non possono essere subordinate alle voci di bilancio". 

"Che significa essere rassicurati?", ha chiesto Liliana e Vittorini ha risposto: "Lo sciame è durato sei messi con scosse sempre più forti. L'ultima il 30 marzo di pomeriggio. E dopo la riunione commissione grandi rischi del 31, indetta da Bertolaso, uscì il messaggio che si poteva stare tranquilli, ma molte cose le abbiamo sapute dopo, nell'aula del tribunale. Il 5 non ci furono scosse, l'ultima il venerdì mattina. Il 6 neppure. Fino alla notte, alle 22 circa. Poi all'una una scossa inferiore e così decidemmo di restare dentro. In sede processuale mi venne chiesto se fossi un sismologo e io risposi che non occorreva esserlo, perché dopo 6 mesi potevi dire se erano più o meno forti. Mi fidai di quelle rassicuzioni, anche perché in città non c'erano aree pronte ad accogliere, non c'era un piano d'emergenza. Ma L'Aquila è la città più sismica d'Europa e qualcuno avrebbe dovuto dirlo, anche agli studenti bisognava dirlo. Senza quella riniunione non avremmo cambiato il modo di ragionare e forse saremmo usciti di casa. Dobbiamo cercare verità giustizia e cambiare le regole per un equo processo perché le parti civili devono avere pari dignità. Non è stato un semplice terremoto, la città doveva essere pronta a gestire quelle scosse". 

Numerosi i punti toccati nel corso del convegno, citati anche i documentari "Sangue e cemento" e "Draquila". 

Si è parlato della vita nelle tendopoli, del processo e della battaglia ancora in corso. Tanti gli interventi anche da parte degli studenti e tra questi Stefano, che allora aveva 5 anni e ha trascorso l'infanzia a L'Aquila. Ha condiviso il dolore dei suoi familiari, del nonno, rassegnati e feriti di fronte alla tragedia di un'intera comunità.

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