Oltre 100 trattori in marcia a San Salvo: “Chiediamo azzeramento Irpef”
SAN SALVO. “La politica agricola voluta degli ultimi 25 anni è fallita e a certificarlo è la protesta di piazza di carattere potremmo dire continentale”. A dirlo è Domenico Di Francesco, imprenditore agricolo atessano e tra gli organizzatori della manifestazione partita stamani da piazzale Verrazzano a San Salvo Marina.
Qui, oltre 100 trattori provenienti da tutto il Vastese si sono riuniti per continuare la protesta contro Bruxelles. La marcia dei mezzi, dunque, in direzione del centro città, non indietreggia, anzi, entra nel vivo. E così il partecipato corteo è partito dal lungomare per poi sfilare su via Grasceta. A suon di clacson squillanti, bandiere d'Italia e tanti striscioni, tra questi la scritta "Per la festa di San Vitale non si donerà più grano bensì grilli" arriva dritta al cuore locale della tradizione per far comprendere anche ai cittadini il motivo della grande mobilitazione.
“I problemi – continua Di Francesco - non sono solo ascrivibili alle scellerate decisione di Bruxelles. Ad avere responsabilità sono anche i singoli Stati membri e ci sono aspetti che vanno rivisti anche dal nostro Governo. Basti pensare che il secondo pilastro della politica agricola comunitaria è demandato alle regioni, anche queste ultime perciò hanno le loro colpe in merito alla situazione che viviamo oggi. E questa piazza gremita deve essere anche di monito ai sindacati. Negli ultimi 20 anni, infatti, è mancato un rappresentante degli agricoltori nei tavoli di concertazione che avrebbe potuto gridare il suo no quando era necessario. Anche i sindacati sono quindi corresponsabili, laddove negli altri Paesi europei la protesta è capeggiata da loro. In Italia, invece, gli agricoltori sono scesi in piazza in modo autonomo. La voce che si alza su tutto il territorio nazionale è unica. Vogliamo che si cambi la Pac, chiediamo la sburocratizzazione del settore perché gli agricoltori non possono passare più tempo negli uffici che nei campi, vogliamo che si prenda coscienza che esistono problemi anche di carattere locale come il contenimento della fauna selvatica, che non vogliamo eradicare ma per la quale chiediamo un controllo e dei risarcimenti equi. Inoltre, il problema più sentito e divenuto forse il simbolo della protesta, è che la comunità europea vuole che nel 2026 cessi qualsiasi tipo di aiuto per i combustibili fossili. Gli agricoltori non sono contrari alla transizione green, ma per questo settore ad oggi le industrie non ancora producono trattori agricoli elettrici né a idrogeno. Le zone rurali non dispongono di ricariche elettriche o centri di stoccaggio per l’idrogeno. Inoltre c’è l’annosa questione che pur qualora arrivino queste due soluzioni, le aziende agricole per cambiare il proprio parco macchine devono sostenere costi che non si possono permettere e occorre un tavolo europeo per capire chi dovrà fronteggiarli. Chiediamo sulla soglia agricola una moratoria di almeno 30 anni perché il processo di adeguamento alla transizione ecologica non può avvenire in questi pochi anni. Per quanto riguarda l’Irpef auspichiamo l’azzeramento totale. Sulla Pac, la nuova riforma del 2023 – 2027, è quella che ha scaturito la protesta di massa perché è a favore dell’industria e dei latifondi, delle grandi regioni. Proporre la deroga al 4 per cento per un’azienda media italiana di 50 ettari favorisce di fatto i grandi comitati d’affari che gestiscono migliaia di euro. Ma questa non è l’agricoltura che c’è sul territorio. Il modello industriale non può essere imposto a tutti”.