Via Verde, come tutelare la natura “non limitando il turismo a Vasto”
VASTO. “Sempre più spesso si cercano scorciatoie per inserire attività turistiche e commerciali in luoghi che sono di pregiato valore naturalistico. Bisogna tutelare il capitale naturale della Via Verde, escludendo quelle parti in cui l’urbanizzazione è già in atto”.
A parlare dei rischi che minacciano la costa teatina, come “i chioschi che di fatto stravolgono la funzione di quei luoghi andando a rovinare quegli aspetti che li rende attrattivi” è Lino Salvatorelli, referente dell'Arci della provincia di Chieti.
L’occasione è stato il convegno dal titolo “Costa Teatina. Passato, presente e futuro di un territorio” che si è svolto lo scorso weekend nella Casa del Popolo La Conviviale in Corso Dante a Vasto. A parlare Maura Peca, del Centro Documentazione sui Conflitti Ambientali, e Denis Pratesi, di Italia Nostra del Vastese. “La costa Teatina da anni è sottoposta ad una trasformazione territoriale che non incide solo sotto un punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico, impattando sulla vita delle comunità locali. La trasformazione da territorio a vocazione agricola e marinara a brand turistico fa sì che anche le peculiarità ecologiche, storiche e paesaggistiche, rischiano di essere definitivamente compromesse. Eppure, non è sempre stato così. Che fine ha fatto il Parco Nazionale della Costa Teatina? In che modo la Legge Regionale 5 del 2007 è stata – e viene – applicata nelle politiche di governo del territorio? Quando la costa teatina è diventata destinazione del turismo di massa? In che modo i progetti di cementificazione della costa stanno impattando sulla qualità della vita delle persone?”. Questo il tema e le domande cui l'incontro ha voluto della tutela e salvaguardia del territorio.
Abbiamo ricolto a Salvatorelli la domanda se sia possibile coniugare le esigenze di tipo turistico con il rispetto per l’ambiente. Ecco cosa ha risposto: “Tanti anni fa è nata l’interessante definizione di ‘turismo integrato’ secondo cui in uno stesso territorio possono coesistere strutture e natura, lasciando liberi i luoghi naturalisticamente validi. La Legge 5 è a tutela di questi luoghi ma non è mai stato fatto un piano d’assetto e si è rimasti nel vago. Quello che li avrebbe meglio preservati sarebbe stata l’istituzione del parco nazionale della Costa Teatina, ma purtroppo è rimasto un progetto rimasto nei cassetti del ministero dell’ambiente perché a seguito dell’emendamento regionale della giunta D’Alfonso la perimetrazione, che includeva anche zone artigianali, è stata rimandata al ministero e da quel momento non è stata più ritoccata. Inoltre se i piani regionali o provinciali non vengono accompagnati da una normativa calzante restano di libera interpretazione. L’istituzione del parco o il piano d’assetto della Legge 5 andrebbe a creare delle norme chiare cui i piani si devono rifare. Qui si lavora al contrario, si fanno i piani ma mancano le norme”.
Un tema annoso e molto dibattuto negli ambienti politici, tra le associazioni ambientaliste e tutti gli stakeholder del territorio. Quale consapevolezza hanno i cittadini? “I cittadini negli anni sono stati confusi da tante sigle e dibattiti che non chiariscono bene che la tutela non vuol dire ingessare il territorio ma vuol dire dare la possibilità ad esso di svilupparsi. È sicuramente di più il territorio non tutelato che quello tutelato. Quando si parla di tutela ci si riferisce a quelle zone che non sono state afflitte dall’urbanizzazione. Tutelando Punta Aderci non è stato limitato lo sviluppo di Vasto, anzi lo ha incrementato dal punto di vista turistico. Lo stesso discorso vale per la Via Verde. Purtroppo la politica ha fatto una campagna verso i cittadini che li ha portati a pensare che la tutela sia una limitazione, invece è una risorsa. Basti pensare che nei trattati economici si parla proprio di capitale natura. Chi ha dei luoghi naturalistici validi deve trattarli come capitale sociale e non li deve svendere o svalutare”.