Fuga dai piccoli comuni: “Mancano politiche pubbliche lungimiranti”
VASTO. “Un lavoro collettivo e interdisciplinare che raccoglie una selezione approfondita di parole sviluppate da professionisti di diversi settori (storia, diritto, geografia, economia, antropologia, sociologia, giornalismo, arte e tanto altro), declinandole a livello critico e politico per ragione sull’abitabilità dei territori cosiddetti marginali, resi tali da politiche pubbliche che hanno favorito i mercati e i numeri, a discapito dei paesi e dei loro abitanti”.
A raccontare l’opera dal titolo “Vocabolario delle aree interne. 100 parole per l’uguaglianza dei territori” è il suo curatore Nicholas Tomeo, dottorando in Ecologia e Territorio nell'Università del Molise. Con lui siamo tornati a parlare delle criticità vissute dalle aree interne (Leggi), colpite dal grave fenomeno dello spopolamento, in occasione di un tour di circa 10 date che lo vedrà impegnato a presentare il suo ultimo libro, insieme a Rossano Pazzagli, docente di storia del territorio e dell'ambiente presso l'Università del Molise che ne ha scritto la prefazione, e a Marco Giovagnoli, docente di Sociologia dei processi economici a Camerino che ne ha redatto la postfazione.
Prima tappa il 16 maggio, a Castiglione Messer Marino “il paese dove tutto è iniziato, il paese di mia madre, dei miei nonni, il paese mio. Quando mi è stato chiesto dove mi sarebbe piaciuto fare la prima presentazione, non ho avuto dubbi”, spiega Tomeo.
L’autore continua così a raccontare parlando di “origini dello spopolamento, turismo, buone pratiche e politiche”: “Il turismo non è uno strumento per abitare i territori. La questione importante da sottolineare è che le aree interne esistono perché ci sono state politiche che soprattutto dal dopo guerra ad oggi hanno accentrato i servizi, ovvero i diritti, e le economie, urbanizzando e industrializzando solo i territori a valle e di costa, creando pochissimi centri con una densità che spesso rende i territori inabitabili, a svantaggio di quelli montani e rurali. Questi, dunque, sono stati resi inabitabili perché mancano i servizi, e non perché lo siano geograficamente. Inoltre, più che parlare di buone pratiche, bisogna parlare di buon governo, poiché il singolo caso virtuoso non rende il territorio abitabile. Servono politiche strutturate e ragionate, che abbiano una visione di lungo corso che guardino al passato con una attualizzazione nel presente. Bisogna ripartire dai servizi essenziali, come la scuola, la sanità, la mobilità e la digitalizzazione. La strategia nazionale sulle aree interne del 2013 è stato uno strumento estremamente importante e intelligente voluto dall’allora ministro Fabrizio Barca. Oggi il Pnrr ne ha ribaltato l’approccio, non più centrato sulle esigenze di uno specifico territorio”.
E tra le esperienze virtuose che coniugano cultura, conoscenza e formazione, ricordiamo quella della “Scuola dei piccoli comuni” (Leggi).