A Vasto la mamma del “ragazzo dai pantaloni rosa”: “Andrea era sensibile, ho trasformato il dolore"
VASTO. Assiepata l'aula magna dell'istituto superiore Palizzi di Vasto. Gli studenti, in silenzio, hanno ascoltato la storia di Andrea Spezzacatena, “il ragazzo dai pantaloni rosa”, nelle parole della mamma Teresa Manes. Da quando in quel tragico giorno del 20 novembre del 2012 Andrea si è tolto la vita a soli 15 perché non riusciva più a reggere le vessazioni dei bulli che lo perseguitavano anche sui social, mamma Teresa ha fatto una promessa a sé stessa, ovvero che avrebbe trasformato quel dolore in testimonianza affinché "Andrea non morisse un'altra volta".
“Come si sente un compagno di scuola se tutti i giorni viene accolto con una risatina, con frasi che gli dicono che è brutto? Solo parlando si possono risolvere i problemi ma anche noi adulti in qualche modo ci siamo assuefatti a determinate espressioni e non ci facciamo più caso. Nelle chat ho trovato l'anima nera di mio figlio. Ho scoperto atti di autolesionismo e un primo tentativo di suicidio che non gli è riuscito perché la cinta dei pantaloni si è rotta. Andrea era un ragazzo sensibile e affettuoso. Non era omosessuale e non lo dico perché mi sarei vergognata, anzi. Per me era mio figlio e basta. Però era un ragazzo sensibile e colto, faceva parte del coro del Papa e viveva esperienze privilegiate. La sua sensibilità era vista come anomala perché spesso erroneamente considerata come dote solo femminile e invece va coltivata. C’erano indicatori di disagio, si mangiava le unghie e soffriva di alopecia, ma pensavo fosse causa di uno shampoo urticante. Cominciò ad avere cura delle unghie e iniziò a mettere lo smalto. Fu un’occasione per uscire insieme e a comprarne di colorati. Nell’udienza l’arringa dei difensori si concentrò su questo punto lanciando il messaggio che se un ragazzo si mette lo smalto allora deve aspettarsi la presa in giro. Lì ho pianto perché ho ricordato la famosa sentenza della donna vittima di violenza che se l’era cercata perché non aveva messo il pantalone stretto ma la gonna”, ha detto mamma Teresa ricordando tanti momenti chiave di questa storia suscitando la commozione dei presenti. E poi, rivolgendosi agli studenti ha detto: “Senza gruppo non vi sentite niente, ma se quel gruppo non vi apprezza trovatevene un altro. La vita vi porterà a vivere esperienze brutte, ma potete scegliere di trasformarle in altro. A me erano rimasti dolore e disperazione ma ho raccolto tutto questo scegliendo quale direzione dargli. Fate sempre qualcosa di costruttivo, nonostante tutto”.
A dialogare con lei la dirigente Nicoletta Del Re e la psicologa di Emily Abruzzo Manuela Colanzi, con la moderazione della professoressa Teresa Maria Di Santo, presidente dell’associazione Emily Abruzzo e referente per la scuola di bullismo e cyberbullismo. Presenti in aula le istituzioni con il vicesindaco Felicia Fioravante e l’assessore all’Istruzione Paola Cianci.
“Nell’ottica della prevenzione su bullismo, cyberbullismo e violenza di genere – ha rimarcato la dirigente – anche quest’anno abbiamo voluto dedicare un momento in cui ci fosse una testimonianza diretta sul problema. In questo caso abbiamo scelto Teresa Manes che ha scritto un libro su cui è poi stato realizzato un film. Abbiamo voluto guardare al problema dal punto di vista di un adulto, in questo caso la mamma, invece di un testimone. Questo perché siamo convinti che la scuola, in un’alleanza con la famiglia, possa realizzare quella prevenzione che possa far crescere i nostri ragazzi in un clima sereno ma soprattutto di rispetto”. “La presenza di Teresa Manes – incalza Di Santo – rappresenta un traguardo importante perché testimonia il dolore di una mamma ai ragazzi ma anche a noi adulti. Bisogna percepire il dolore come qualcosa di reale. Il dolore vissuto da una mamma che perde un figlio e da un figlio che subisce bullismo. Questo dovrebbe essere un punto di partenza per iniziare a parlare di responsabilità, dicendo ai ragazzi che esiste il bene e il male e che quest’ultimo va combattuto insieme”.