«D'amore non si muore: dalla violenza si può uscire, in tante ce l'hanno fatta»

cambiamento culturale ven 22 novembre 2024

Vasto Il lavoro svolto da Dafne ETS a sostegno delle donne vittime di violenza

Attualità di Francesco Di Fonzo
6min
«D'amore non si muore: dalla violenza si può uscire, in tante ce l'hanno fatta» ©Vastoweb
«D'amore non si muore: dalla violenza si può uscire, in tante ce l'hanno fatta» ©Vastoweb

VASTO. «Dalla violenza si può uscire. Le donne devono sapere che in tante ce l'hanno fatta».

E' il messaggio diffuso dalle operatrici del Centro Antiviolenza DonnAttiva di Vasto nelle ore di avvicinamento al 25 novembre, quando in tutto il mondo sarà celebrata la Giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne.

Nel Vastese le richieste di aiuto dovute ad episodi di violenza di genere sono in aumento: secondo i dati forniti dai CAV di Vasto (DonnAttiva) e Lanciano (Dafne), e dallo Sportello Antiviolenza Frida di San Salvo, le donne attualmente in carico sono 267 , 70 delle quali sono state accolte nel 2024; di queste solo 23 sono straniere (comunitarie ed extracomunitarie), mentre ben 187 hanno figli.

«E' un fenomeno che si consuma esclusivamente nelle relazioni intime» chiarisce Licia Zulli, responsabile del CAV di Vasto. «Sicuramente non è diretta conseguenza della presenza di immigrati sul territorio nazionale, come lascerebbe invece intendere qualche esponente politico, bensì il risultato di una cultura patriarcale, di rapporti storicamente diseguali che indirizzano le relazioni uomo-donna nello schema potere-dominio». 

VIOLENZA DI GENERE, UNA QUESTIONE DI CONOSCENZA

I casi sommersi pian piano iniziano a palesarsi. Forse qualcosa si sta muovendo, ma la strada da percorrere è ancora lunghissima. Appare quindi necessario chiedersi cosa si può fare e dove si può migliorare per affrontare una piaga sociale che merita di essere debellata. 

Un fenomeno, prima di essere combattuto, deve innanzitutto essere compreso. Questione certamente non semplice, visto che risulta pressoché impossibile capire davvero ciò che non si è provato sulla propria pelle. Da qualche parte però bisognerà pur partire, e avvicinarsi anche soltanto un pochino al cuore del problema può essere davvero di grande aiuto per dare il via ad un efficace processo di cambiamento. 

Un buon modo per riuscirci è dialogare con chi queste situazioni le vive ogni giorno: Dafne ETS è un'associazione senza fini di lucro fondata nel 2012 da un gruppo di donne con competenze in ambito psico-sociale, impegnate professionalmente nel sostegno delle donne vittime di violenza. Ogni anno l'associazione realizza numerosi interventi educativi, culturali, formativi, di sensibilizzazione ed empowerment per promuovere la parità di genere, favorire il cambiamento culturale, ed educare alle relazioni affettive incentrate sul rispetto e non sul potere-dominio-controllo.

«Anche quest'anno per sensibilizzare su questi temi - spiegano le operatrici dei Centri Antiviolenza - presentiamo un programma di eventi promosso e organizzato insieme a diverse realtà del territorio. Ringraziamo le amministrazioni pubbliche, le organizzazioni e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione delle iniziative. Vivere in una comunità coesa e compatta che afferma e ribadisce l'impegno quotidiano contro ogni forma di violenza di genere è per noi un segno importante. Facciamo risuonare ovunque, di parola in parola, di mente in mente, di classe in classe, di gruppo in gruppo, di ufficio in ufficio, di casa in casa, fino a che, finalmente, non ci sarà più bisogno di ripeterlo: stop alla violenza di genere!».

IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE

Per accrescere la consapevolezza sulla violenza di genere, e affermare il ruolo e il valore della donna nella società, fondamentale è il lavoro svolto da media e professionisti dell'informazione.

Innanzitutto, riveste grande importanza la scelta dei vocaboli, l'accortezza nell'impiegare, a seconda delle necessità e alternativamente, il maschile ed il femminile. E' il pensiero a nascere dalle parole, e non le parole dal pensiero. Se immaginando il medico, l'avvocato, o il giudice balzano alla mente solo ed esclusivamente figure maschili, appare chiaro come non nominare la donna significhi non riconoscerla, non vederla, dimenticarla, renderla invisibile. La violenza parte proprio da qui: dalla creazione di rapporti non paritari

In secondo luogo bisognerebbe iniziare a distinguere in maniera chiara e netta il femminicidio in senso stretto, inteso come uccisione di una donna in quanto donna, dal più generico omicidio. Classificare i fenomeni è un'operazione cruciale per riconoscere l'esistenza dei problemi e non rischiare di gettarli maldestramente in un unico calderone. Chi può macchiarsi di femminicidio o diventare un crudele carceriere? Qualunque uomo, anche questo andrebbe chiarito con forza. Non solo pazzi o squilibrati quindi, ma anche persone apparentemente rispettabili, di grande esperienza, che ricoprono incarichi di rilievo. In questi casi per la donna lo scenario è anche più problematico, essendo alto il rischio di non essere creduta, di essere considerata una bugiarda.

Negli ultimi anni l'attenzione dei media verso la violenza di genere è cresciuta esponenzialmente, ma lo sguardo degli organi di informazione si è focalizzato solo ed esclusivamente sulla notizia di cronaca nera, sugli efferati femminicidi che si susseguono giorno dopo giorno. Sarebbe invece utile ricordare come sono davvero tante le donne che hanno chiesto aiuto e ce l'hanno fatta.

Proprio di questo parla "Donne che non muoiono", il romanzo presentato nella serata di ieri a Palazzo D'Avalos da Maristella Lippolis, del Centro Antiviolenza di Pescara. Un noir «nato dalla rabbia e dal senso d' impotenza» che racconta la storia di 12 donne che lottano contro le angherie di uomo per ritrovare se stesse. L'evento rientrava tra le iniziative proposte dal Comune di Vasto e dall'assessorato alle Politiche sociali, rappresentato dalla dottoressa Anna Bosco. A moderare il dibattito la giornalista Paola D'Adamo.

RICONOSCERE I SEGNI DELL'ESCALATION

Il femminicidio rappresenta solamente lo stadio finale di una persecuzione fisica e/o psicologica che si protrae nel tempo. Spesso si ritiene che la donna venga uccisa a seguito di un raptus momentaneo, di un unico momento di follia: niente di più errato. Detta rappresentazione (distorta) dello stato delle cose, finisce per alimentare atteggiamenti di non curanza verso un problema che può essere rilevato e arginato in tempo.

Si parte quasi sempre da forme di gelosia e possessività, dall'adattamento sintomatico della donna, che modifica la propria vita e la propria personalità in base a ciò che le viene chiesto.

«E' la teoria del campo minato» spiegano le operatrici. «L'uomo inizia a mettere alla prova la donna con rimproveri e divieti, cerca di capire quanto sia malleabile, alzando progressivamente l'asticella. La donna arriva così all'immobilità, non solo fisica, ma anche e soprattutto psicologica».

Le donne che non denunciano sono oggi ancora moltissime. Il motivo principale è la paura, sia per la propria incolumità, sia per quella dei propri cari. «Il silenzio parte da questo, è una forma di tutela».

I SERVIZI

La violenza di genere si affronta soprattutto con il lavoro coordinato che i professionisti del settore portano avanti giorno dopo giorno. Le donne non devono essere strumentalizzate, non ci si può ricordare dei loro problemi solo nelle giornate dedicate, per portare avanti meschini fini politici. «Più sostanza e meno slogan, altrimenti si svilisce il lavoro quotidiano di tutti». Il messaggio lanciato dalle operatrici è chiaro e pienamente condivisibile.

Il Centro DonnAttiva di Vasto fornisce colloqui di accoglienza (3 incontri o più se necessario), sostegno psicologico (mediamente per un periodo di 6 mesi), consulenza legale, sportello antistalking, affiancamento nella fruizione dei servizi territoriali, attività di orientamento, coaching e, se ci sono le condizioni, la possibilità di svolgere tirocini extracurriculari per il reinserimento lavorativo. Tutti i servizi sono completamente gratuiti.

Il progetto EVA ha proprio questa finalità: far rifiorire la donna come persona nuova, non solo dal punto di vista economico, ma anche, e soprattutto, a livello psicologico, con progetti che le diano fiducia e voglia di credere in se stessa, perché «il mondo non è ancora pronto ad accogliere persone distrutte».

«Le donne portano la paura e la vergogna, si addossano la colpa» chiariscono ancora le operatrici del CAV. «Devono sapere che non sono sole, che possono chiedere aiuto e fidarsi». 

Il Centro DonnAttiva di Vasto rientra infatti nella rete nazionale antiviolenza, e sta cercando di tessere efficaci collegamenti con il Pronto Soccorso di Vasto, in modo da garantire un immediato accesso alle procedure "ad hoc" con il massimo della discrezione.

E' stata inoltre già lanciata una raccolta fondi con la collaborazione della fondazione "Una Nessuna Centomila" e l'associazione "Un buco nel tetto" Onlus per la realizzazione di una casa di fuga. 


I CENTRI ANTIVIOLENZA NEL VASTESE:

Centro Antiviolenza DonnAttiva

Via Anelli 71, 66054 Vasto (CH); E-mail: donna.attiva@comune.vasto.ch.it; Tel: 0873 366152 / +39 340 4781691

Centro Antiviolenza Dafne

Via dei Frentani 54, 66034 Lanciano (CH); E-mail: info.dafneonlus@gmail.com; Tel: 0872 40854 / +39 371 3402265

Centro Antiviolenza Frida

C/o Centro Culturale A. Moro Piazza Aldo Moro, 66050 San Salvo (CH); E-mail: info.dafneonlus@gmail.com; Tel: +39 355 1611795


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