"Tra gli artigiani più cancellatie meno iscritti: Abruzzo peggior regione d‘Italia"
Vasto Studio Cna sul primo trimestre 2021: saldo negativo di 267 unità. Male tutte le province, Chieti e L’Aquila di più
ABRUZZO. Abruzzo regione Cenerentola d’Italia nell’andamento delle imprese artigiane nel primo trimestre dell’anno, anche se per ora le misure varate durante la crisi da Covid-19 da Governo e Regione hanno scoraggiato effetti ancora peggiori. Lo dice, numeri alla mano, il rapporto redatto sui primi tre mesi del 2021 da Aldo Ronci per conto della Cna Abruzzo, dando un’idea di quel che si muove nel mondo della micro impresa regionale all’indomani dell’anno orribile segnato dalla pandemia da Covid-19, il 2020. Il risultato dello studio, realizzato, su dati di movimprese.it relativi ai mesi tra gennaio e marzo, dicono – come spiega l’autore – che «le imprese artigiane abruzzesi flettono in misura nettamente minore rispetto agli ultimi anni ma registrano comunque un decremento percentuale (-0.91%) pari a 4 volte il decremento medio italiano (-0,23%). Ed è così che si spiega la collocazione all’ultimo posto della graduatoria tra le regioni italiane».
E’ ancora però forse troppo presto per tracciare con esattezza un bilancio definitivo delle conseguenze generate sul sistema delle micro impresa dal coronavirus, ma soprattutto dalla micidiale combinazione di chiusure e riaperture, limitazione di posti e riduzioni di orari che ha messo in ginocchio intere filiere ipotecandone presente e futuro. Di sicuro, a frenare per ora l’effetto “a cascata” delle temute chiusure ci si è messa per ora la mole di misure varate per sostenere le attività produttive durante la crisi scoppiata nel 2020: «I provvedimenti presi a sostegno, e quelli che si pensa possano essere ancora presi, hanno determinato un numero di cessazioni molto più esiguo del temuto. E comunque di gran lunga inferiori alla flessione delle nuove iscrizioni» sintetizza Ronci.
Ma vediamo i numeri. Nel primo trimestre 2021 le iscrizioni di imprese artigiane sono state 449, con 716 cessazioni, con un decremento di 267 unità. Cifre che però, viste in controluce, in combinazione cioè con le percentuali, dicono anche altre cose: perché se è vero che l’incremento delle cessazioni nella nostra regione si attestano al 24% (contro una media nazionale del 18%), le iscrizioni flettono di un pesante 15% contro invece un incremento medio nazionale del 6%. Ed è dunque da questa combinazione negativa che nasce l’ultimo posto abruzzese tra le regioni d’Italia.
Normale così che tra le province - per forza di cose - i numeri siano negativi in tutte e quattro, con Chieti e L’Aquila rispettivamente a -83 e -72 unità, Pescara e Teramo attestate su dati un po’ meno negativi: -49 e 63 unità. Cifre, queste, che pongono i territori del Chietino e dell’Aquilano a quart’ultimo e quint’ultimo posto tra le province italiane. Tra i settori, infine, molto male le costruzioni (con -96, e picchi particolarmente significativi all’Aquila e Chieti), i servizi alla persona (con -65) e il manifatturiero (con un -49, concentrato tra alimentari, abbigliamento e articoli in pelle). «