Storie d'imprese vastesi: Giancarlo Spadaccini racconta "Aule 3.0"

L'INTERVISTA lun 31 gennaio 2022

Vasto "Vasto è terreno fertile per quelle aziende che sanno rinnovarsi e che investono nel marketing"

Lavoro ed Economia di La Redazione
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Giancarlo Spadaccini ©Vastoweb
Giancarlo Spadaccini ©Vastoweb

VASTO. "Storie d'impresa Vastesi" è il nuovo format di Vastoweb dedicato alle eccellenze del territorio.

Il primo ospite è Giancarlo Spadaccini, che da anni opera sul territorio con la sua azienda che sta sempre ricevendo buoni riscontri a livello nazionale.

"Aule 3.0" nasce del 2013 come risposta ad una ben precisa domanda.

Dall'Infanzia alle superiori, infatti, le scuole negli anni hanno modificato radicalmente il modo di intendere gli arredi. Sul mercato la richiesta ha preteso che le imprese si adeguassero soprattutto nella direzione di quel salto digitale cui alcuni Paesi europei si sono già adattati da tempo.

Ma stare al passo non è stato di certo un problema per questa realtà vastese che si è riorganizzata per soddisfare le esigenze di quelle che da "semplici aule sono diventate veri e porpri laboratori. Avevamo capito che all'evoluzione dei metodi didattici sarebbe conseguita una concezione diversa degli spazi dove avviene l'apprendimento", spiega lo stesso Spadaccini.

E, per restare in tema di cambiamenti, non si può non far riferimento agli ultimi due anni segnati dalla pandemia e che hanno visto in prima linea i cosiddetti "banchi a rotelle". Ma Spadaccini chiarisce: "Non sono banchi, ma sedie con uno scrittoio ribaltabile, concepite non per la classe ma per quei laboratori al fine di facilitarne le attività, laddove spesso ci si divide in gruppi. Intanto sono rimasto molto colpito dall'idea di riuso che ne è stato fatto per agevolare le operazioni di screening e vaccinazione".

E sul piano dell'economia più strettamente locale Spadaccini aggiunge: "Vasto è terreno fertile per quelle aziende che sanno rinnovarsi e che investono nel marketing. Fino a qualche anno fa la maggior parte ruotava attorno ai grandi complessi industriali, ma probabilmente si sarebbe dovuto investire di più nel turismo e concepire diversamente la zona portuale. La crisi di alcuni comparti ce lo testimonia, nonché anche la fuga di tanti giovani che per studio e lavoro non hanno trovato qui un tessuto che li accogliesse e desse loro l'opportunità di portare le proprie conoscenze".


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